Non ci sarà alcun aumento dell’IVA per finanziare il taglio del cuneo fiscale. Lo ha confermato ieri sera il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ai senatori del PD, dopo averne già escluso l’aumento in un’audizione dinanzi alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. Padoan, che nel pomeriggio aveva parlato di un livello di crescita che “non entusiasma” e di un tasso di disoccupazione “inaccettabilmente elevato”, ha ribadito di voler puntare sulla lotta all’evasione, specie sull’IVA, e proseguire la strada delle riforme strutturali. “Un incontro a tutto campo, molto utile”, ha commentato il titolare del dicastero di via XX Settembre, lasciando Palazzo Giustiniani. In giornata, il nuovo DEF era stato commentato anche dagli esperti di Istat, Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) e Corte dei Conti, in un giro di audizioni davanti alle commissioni Bilancio di Montecitorio e Palazzo madama. L’Istat ha puntato il dito sulle gravi difficoltà economiche degli italiani, confermando che l’11,9% delle famiglie vive in una situazione di disagio e sollecitando una politica economica incentrata su misure a sostegno del reddito delle famiglie che versano in condizioni più difficili. La Corte dei Conti ha invece messo l’accento sull’obiettivo di ridurre il deficit all’1,2% del PIL nel 2018, affermando che “va perseguito con fermezza”, e sulla “ferma determinazione” nel taglio del debito, poiché il sostegno della BCE non durerà per sempre e “l’aumento de tassi d’interesse è solo questione di tempo”. Lo ha dichiarato il presidente della Corte dei Conti, Arturo Martucci di Scarfizzi, swottolineando che un rinvio dle percosrso di aggiustamento di rivelerebbe “oneroso e permanente” e darebbe un segnale negativo ai mercati sulla volontà dle governo di perseguire tale obiettivo. Poi, il presidente della Corte dei Conti ha aggiunto che l’obiettivo di riduzione del deficit potrebbe essere raggiunto mediate una “disattivazione anche parziale della clausola” o con il ricorso ad “altre misure fiscali” e “misure di contenimento della spesa” che prevedano anche una “diversificazione negli accessi alle prestazioni”. Anche l’Ufficio parlamentare di Bilancio (UBP) si è mostrato critico sulla possibilità di disattivazione totale delle clausole di salvaguardia ed ha affermato che l’impegno preso dal governo “appare di difficile realizzazione”. Parlando dinanzi alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, il presidente dell’UPB, Giuseppe Pisauro, ha detto che “per il 2018 si rende necessaria una correzione di circa 15 miliardi di euro, pari allo 0,9% del PIL” e che nei due anni successivi la correzione dovrà essere di 1,4 punti, ma “il quadro programmatico della politica di bilancio resta sostanzialmente indefinito”. “Nel DEF si evocano soltanto azioni sul lato delle spese e delle entrate comprensive di ulteriori interventi di contrasto dell’evasione”, ha aggiunto Pisauro, ricordando che l’entità delle future manovre potrebbe essere anche maggiore dato che il Governo intende trovare spazi per operare misure espansive e di riduzione della pressione fiscale.
il Messaggero