Fine della politica americana di “pazienza strategica”. Parole durissime del segretato di Stato americano Rex Tillerson che oggi ha visitato la zona smilitarizzata al confine tra le due Coree. “L’approccio diplomatico con Pyongyang è fallito”
L’America di Donald Trump è pronta a bombardare la Corea del Nord che Kim Jong-un sta dotando della bomba atomica. Non è più una remota possibilità e l’ipotesi di un micidiale conflitto che dal Sud Est asiatico si sprigioni senza controllo nel resto del pianeta da oggi è una realtà. “Voglio essere chiaro” dice il segretario di Stato americano Rex Tillerson. “La politica della pazienza strategica è finita”. E dunque: se Pyongyang diventa una minaccia “al livello che noi riteniamo richieda un’azione, l’opzione militare è sul tavolo”.
Sono parole durissime che risuonano ancora più dure perché il ministro degli Esteri di Trump sta parlando dalla Corea divisa in due proprio dalla guerra iniziata settant’anni fa dal regime comunista del Nord: e ufficialmente mai finita visto che non s’è mai firmato un trattato di pace. È un avvertimento a Kim che arriva alla vigilia dell’attesissimo incontro di sabato con il presidente cinese Xi Jinping: e adesso come reagirà Pechino che proprio l’altro giorno per voce del premier Li Keqiang aveva intimato gli Usa a non puntare all’escalation? “Nessuno vuole vedere il caos alle porte di casa”. Ma quel caos, adesso, è alle porte davvero.
La minaccia americana risuona subito dopo che il segretario di Stato è in andato in visita al DMZ, la zona demilitarizzata che al 38esimo parallelo segna il confine con le due Coree. L’ex petroliere di Exxon ha visto dunque con i suoi occhi il Paese diviso in due: e ha lanciato la sua personalissima bomba nella vicenda che tiene con il fiato sospeso il mondo intero. Finora quella militare era un’opzione che sembrava soltanto allo studio nei meandri del Pentagono. Da questo momento è una possibilità concreta. E si spiega così l’accelerazione che gli Usa, dopo i quattro missili lanciati la settimana scorsa da Kim nel mare del Giappone, hanno impresso per la costruzione al sud di Seul di quello scudo antimissile Thaad inviso ai cinesi che temono di essere così spiati. Uno scudo pensato per proteggere però soltanto le basi americane, e non certo per difendere l’inerme capitale da un lancio di Pyongyang. Non basta.
In questi giorni sono continuate le esercitazioni congiunte di coreani e americani che per la prima volta hanno visto l’impiego degli agguerritissimi Navy Seals che uccisero Osam Bin Laden. E nella Corea del Sud è arrivato quel Gray Eagle Unmanned Aerial System che altro non è che una flotta di superdroni capace di volare dal Sud della Corea fino alle basi del Nord. Il suo dispiegamento era già nei piani, sì, ma solo in quelli di guerra. Ma non è proprio di questo che è venuto a parlare sin qui l’uomo di Trump?
La Repubblica