Viviamo in un Paese strano: quando c’è una notizia che fa intravedere interessanti prospettive sul fronte economico e occupazionale, ecco scattare la molla della diffidenza e della critica a priori. E quando questa notizia, attesa da tutti, cioè i diretti interessati (i lavoratori) e le istituzioni (lo Stato, gli enti locali, i politici, i sindacati), tarda ad arrivare, accade più o meno la stessa cosa: pressioni, attacchi, critiche, luoghi comuni e anche interventi dove regna la disinformazione. L’ultimo esempio risale a martedì scorso, al Salone dell’auto di Ginevra, quando l’ad di Fca, Sergio Marchionne, ha annunciato la prima di alcune revisioni delle destinazioni produttive negli stabilimenti del gruppo in Italia, in questo caso quello di Pomigliano d’Arco, in Campania. Diciamo la verità: finalmente Marchionne, più volte stuzzicato inutilmente, ha ripreso a parlare del futuro delle fabbriche di Fca. Alleluja! La prima notizia: la produzione di Fiat Panda lascerà Pomigliano e il nuovo modello sarà ospitato nella fabbrica polacca di Tychy, che già sforna la 500. Il progetto prevede lo spostamento della produzione nel 2020. La seconda notizia: per Pomigliano ci sarà un upgrade, visto che realizzerà il futuro Suv compatto premium di Fca (Alfa Romeo o Maserati o Jeep), quello cioè che dovrebbe posizionarsi sotto Stelvio, che nasce nella vicina Cassino. Il segmento che comprende questi modelli cresce in continuazione, soprattutto in Europa. E le prospettive sono positive alla luce delle vendite, per esempio, di Jeep Renegade e Fiat 500X, realizzate entrambe a Melfi. Quindi: Pomigliano non sarà declassato, non chiuderà (la Panda continua a essere prodotta fino al trasloco) e il nuovo modello, al quale magari ne seguiranno altri, renderà premium l’impianto alle porte di Napoli. Cosa è successo, invece, appena resa nota la dichiarazione di Marchionne? Ai primi commenti positivi si sono subito associati quelli negativi, molti dei quali a sproposito: i soliti soldi pubblici incassati da Fiat, la mancanza di dettagli, l’Italia in stand-by, i posti che andrebbero persi. Strano Paese.
Pierluigi Bonora, il Giornale