di Cesare Lanza
Scommettiamo che l’errore più insidioso per un giornalista, e imperdonabile, è quello di non verificare le fonti? Scommessa tanto amara, oggi, quanto facile per me: domenica proprio io sono caduto, come un principiante, nella trappola. Ho pubblicato qui un-ricordo molto affettuoso di un personaggio straordinario, Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse, un nobile solitario, il cosiddetto Barone nero, un gentiluomo di una destra che non c’è più. E alla mia non tenera età ho commesso l’errore più sciocco e superficiale, in questo mestiere: fidandomi di una sola fonte, attendibilissima e vicina da sempre all’estinto, non ho verificato un’informazione e ho scritto che la moglie di Tomaso era figlia dell’ex leader indonesiano, Sukarno.
Sbagliato, non era la figlia: Tomaso e Yvonne si sposarono a Giacarta, c’era forse una lontana parentela. Ma, giustamente, la signora Yvonne si è irritata e ci ha inviato una secca, severa smentita. Non sto a cavillare, come spesso succede, di fronte a una smentita. È stato un grossolano errore e mi scuso, mortificato: anche perché è la prima volta che mi succede e il lapsus investe una indispensabile esigenza, nell’informazione. Verificare le notizie, confrontare le fonti. Si potrebbe scrivere un libro di migliaia di pagine su svarioni, gaffe, errori: tralasciando quelli in malafede (ci sono, purtroppo), i più divertenti, grotteschi e assurdi derivano da fretta, ingenuità, superficialità. Non cerco giustificazioni, posso dire solo perché è successo. Volevo, di corsa, commemorare Tomaso. Non era solo il viveur, il seduttore descritto, realisticamente, da molti. Aveva valori profondi, era scomodo, intransigente, incorruttibile.
Cesare Lanza, La Verità