Il Pd deve affrontare i problemi derivanti dagli eventi divisivi delle ultime settimane. E di questo tempo di discussione dovrebbe approfittare anche Matteo Renzi
Caro direttore, viviamo mesi cruciali e difficili al tempo stesso. L’Europa è attraversata da tensioni fortissime, di cui vedremo i risvolti negli appuntamenti elettorali che interesseranno quest’anno anche i due più importanti Paesi dell’Ue, cioè Germania e Francia. Soffia impetuoso il vento della contestazione acritica, del “no” a tutto e tutti. In Italia negli ultimi anni un solo partito si è fatto carico quasi interamente della responsabilità di governo su scala nazionale e locale: il Partito Democratico.
È andato tutto liscio in questi anni? Certo che no. Il Pd ha preso quasi tutto sulle sue spalle, con onori ed oneri. E l’ha fatto anche, o forse soprattutto, grazie a migliaia di onesti e preparati amministratori, che si battono ogni giorno per far funzionare comuni piccoli e grandi, città metropolitane e regioni. L’ha fatto, a livello nazionale, grazie a gente seria come Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella, Pierluigi Bersani, Enrico Letta e Paolo Gentiloni. Ma l’ha fatto grazie e soprattutto ad un leader coraggioso ed energico come Matteo Renzi.
Ora però siamo entrati nell’anno più critico, quello che ci condurrà alle elezioni politiche. Il progetto da portare all’attenzione degli elettori deve essere forte e ambizioso, ma deve essere ancora scritto e condiviso. Deve dire sì all’Europa, ma non a questa Europa. Deve contenere una rivoluzione fiscale nel senso dell’equità, consentendo di abbassare le aliquote attraverso il recupero delle risorse dove ci sono, introducendo, ad esempio, una ragionevole “web tax“. Deve investire risorse sulle infrastrutture vere del Paese, sulla ricerca e la formazione e per sostenere le persone indebolite dai processi innovativi.
Occorre innanzitutto dare certezze indicando come termine elettorale la scadenza naturale della legislatura nel 2018. Questi mesi, infatti, devono servire per affinare una legge elettorale che ci permetta, dopo il voto, di essere in una condizione di governabilità migliore dell’attuale e gestire una legge di bilancio delicata e decisiva per il paese.
Serve poi mettere mano a testi di legge essenziali, che vanno dal testamento biologico ed una definizione di compiti e risorse delle aree metropolitane, che così come sono rappresentano una riforma largamente incompiuta. Inoltre vi sono sfide, come la candidatura italiana a sede dell‘Ema, che necessitano di un governo nel pieno dei suoi poteri per i prossimi mesi. Cosi come molti altri progetti comuni a questa area vasta che va dal Piemonte a Milano nell’ambito dell’alta formazione, della ricerca, del turismo, del sistema finanziario e industriale e delle infrastrutture.
Il Pd deve affrontare i problemi derivanti dagli eventi divisivi delle ultime settimane: la recente spaccatura del partito può avere ripercussioni anche sugli assetti locali e questo mette in discussione quell’efficace rapporto tra centro del partito e periferia al quale il Pd e le formazioni da cui è gemmato hanno dovuto tanto della loro fortuna.
Di questo tempo di discussione dovrebbe approfittare anche Matteo Renzi. Egli è stato protagonista di un serio percorso riformista: si può discutere su tutto ma una buona parte delle sue riforme sono state coraggiose e molteplici saranno gli effetti positivi sul Paese che negli anni ne deriveranno. L’esito del referendum ha però tracciato una linea dopo la quale nulla è più come prima. Anche per lui. È quindi necessario che per riproporsi alla guida del Partito (e, ancor di più, alla guida del Paese), Renzi accetti l’idea di un cambio di passo, di un cambiamento nella qualità della sua leadership politica; è anche sempre piu’ possibile, anche se forse non auspicabile, prospettiva proporzionale a suggerire una maggiore e diversa capacità inclusiva. Il Pd non ha e non avrà certamente la possibilità di governare da solo, ma ha il compito di restare il punto di riferimento del vasto schieramento di chi si riconosce nella sua cultura riformista. Per questo è decisivo per Renzi, non rinchiudersi in gruppi ristretti ma avere la disponibilità a veleggiare in mare aperto con nuovi equipaggi non necessariamente composti da persone di stretta osservanza del capitano. Anche da questa disponibilità dipende l’aggregazione al suo progetto di tante forze innovatrici, fra le quali ci annoveriamo anche noi, che possono aiutare il Paese a trovare la giusta rotta.
di SERGIO CHIAMPARINO e GIUSEPPE SALA, La Repubblica