Superati i 700 miliardi di valore contro i 500 di Alphabet E sul fisco Cupertino accusa Bruxelles di violare le leggi
Nuovo record per il titolo Apple a Wall Street e, come nel 2015, la società di Cupertino torna a valere oltre 700 miliardi di dollari.
Ossia più del prodotto interno lord (Pil) del Belgio distanziando di ben 200 miliardi un altro colosso del web, Alphabet ossia la holding di Google. Un record insomma. Il titolo vale 136 dollari ad azione, un prezzo mai raggiunto, il doppio rispetto al 5 ottobre 2011, giorno della morte del visionario fondatore, Steve Jobs. Quasi un miracolo visto che il prodotto principe di questa crescita, ossia l’iPhone, pur abbellito, ingrandito, super potenziato e impermeabile nella ultima versione, la 7, non è molto cambiato.
Eppure non ha ancora trovato un vero antagonista, merito anche dell’innovazione software che Cupertino ha saputo fornire al prodotto declinato dal 2011 a oggi in sei modelli diversi, dal 4s al 7 odierno, che si sono accompagnati a dieci modelli di iPad, sei di iPod, cinque versioni di Mac fissi e portatili, due di Apple Tv e di Apple Watch, il prodotto hardware più recente nella Mela morsicata. Ma la stella è l’iPhone che nella sua decennale carriera (il primo venne lanciato nel 2007) ha seppellito tutti i maggiori concorrenti, da Nokia a Blackberry.
Solo Samsung si è dimostrata capace di dar filo da torcere a Cupertino, ma l’ultima creatura – il Galaxy Note 7 lanciato in fretta e furia per battere l’Iphone 7 – sugli scaffali è stato un prodotto penalizzato da batterie che si caricavano velocemente fino al punto di esplodere. Con il risultato di riportare alla ribalta le vendite del melafonino che nel primo trimestre dell’anno, concluso a gennaio, ha permesso a Apple di registrare i ricavi più alti di sempre: 78 miliardi di dollari e 78 milioni di pezzi venduti. Un risultato frutto di un lavoro di squadra che vede schierati oltre all’ad Tim Cook anche personalità di spicco come Joni Ive, Angela Ahrendts, Luca Maestri, Phil Shiller, che governano l’azienda, in maniera più collegiale rispetto alla dittatoriale, pr quanto geniale, gestione di Jobs.
Le grane però non sono mancate. Sopratutto sul fronte delle tasse.
L’Ue infatti ha chiesto al colosso americano di pagare imposte arretrate all’Irlanda per 13 miliardi. Cupertino non ci sta, e ieri ha presentato una difesa in 14 punti presso la Corte di giustizia di Bruxelles. Secondo Apple, l’Ue ha commesso gravi errori nell’interpretazione della legge irlandese. L’idea è che la Commissione non abbia condotto una «indagine imparziale» e abbia «violato i principi legali della certezza e della non-retroattività». Il caso è dunque ancora aperto. Dalla parte di Apple c’è però anche il governo irlandese che non vuole tasse, ma punta a tenere in Irlanda il Customer Service di Apple che ha creato nel Paese benessere e posti di lavoro.
Maddalena Camera, il Giornale