Un Paese che non comprende, non supporta e non stimola l’educazione finanziaria è solo “un mercato di sbocco”, in cui 60 milioni di italiani si agitano alla ricerca dell’ultimo modello di telefonino. È questo uno dei concetti più forti che, con un po’ di enfasi, fotografa il basso livello di consapevolezza della popolazione e l’incapacità delle istituzioni di diffondere cultura finanziaria e assicurativa in Italia. Sullo sfondo rimangono le analisi e i dati che quantificano il gap tra noi e il resto d’Europa: evidenziano lacune, sottolineano differenze territoriali e dimostrano che solo il 30% dei consumatori è consapevole dell’allocazione delle proprie spese per la gestione familiare. Tramontati i tempi in cui bastava che gli intermediari bussassero alle porte di casalinghe e padri di famiglia per strappare loro polizze più o meno ricche (aguzzando l’ingegno e mescolando tenacia, capacità relazionali con tecniche commerciali), questo scenario ci avverte che oggi serve un cambio di passo. Le interviste raccolte nel volume di Cesare Lanza, “Due o tre cose che so sulle assicurazioni, recentemente presentato a Milano, riassumono i tanti fronti su cui è indispensabile intervenire, sotto il profilo legislativo e fiscale (ma non solo) per affermare l’importanza delle assicurazioni e affievolire la storica percezione dell’assicuratore come soggetto di cui diffidare. L’utilizzo della tecnologia (e anche dei telefonini, appunto) è, oggi, il modo più moderno per avvicinare compagnie, intermediari e clienti. Le iniziative del settore, proprio sotto la spinta dell’evoluzione tecnologica, si moltiplicano per ridurre le distanze, amplificare i momenti di contatto, trasmettere informazioni e proporre polizze più o meno standardizzate o servizi più o meno evoluti. Tutti questi sforzi (e questi investimenti) rischiano però di non raccogliere i giusti risultati se, come sembra chiaro, manca la spinta di un legislatore capace di trasformare le buone intenzioni in fatti concreti. L’educazione finanziaria fatica a trovare la giusta attenzione nelle iniziative del Governo e risulta penalizzata dalla ricerca di coperture economiche sempre più ridotte all’osso, così come la polizza obbligatoria sull’abitazione è considerata come un segno di resa da parte di uno Stato che non può disertare di fronte al bisogno di tutela della popolazione. Ecco allora che, oggi più che mai, diventa fondamentale la capacità del settore assicurativo di trasmettere al cliente la consapevolezza del rischio, il concetto di diversificazione, il rapporto tra rischio e rendimento, le alternative possibili per ricercare sicurezza. Ma, tra i diversi studi condotti in tema di educazione finanziaria, quello presentato a gennaio da Consob, Banca d’Italia, Ivass, Covip e Fondazione per l’educazione finanziaria, evidenzia, ancora una volta, uno scenario carente: nel nostro Paese le iniziative di sensibilizzazione o educazione finanziaria sono frammentate, non costanti nel tempo e incapaci di rivolgersi a un pubblico su vasta scala. In assenza, almeno per il momento, di una cornice nazionale che sostenga questo processo di evoluzione culturale, serve allora maggiore impegno, metodicità e costanza da parte delle compagnie e anche degli intermediari, per spiegare a giovani e meno giovani quanto vale la conoscenza e la giusta valutazione dei rischi cui si è sottoposti. E, di conseguenza, l’importanza della capacità di scegliere come mettersi al sicuro al fianco di un soggetto (ebbene sì, proprio l’assicurazione) di cui è possibile fidarsi.
Maria Rosa Alaggio, INSURANCE REVIEW