Il fondatore di Facebook pubblica un lungo post in cui spiega la sua visione della comunità e il compito del social network. Quasi due miliardi di persone che sono la più grande nazione del mondo
Con un lunghissimo post, Mark Zuckerberg ha dato una visione coerente ai molti spunti sociali e politici che aveva seminato negli ultimi tempi. Ha disegnato il mondo secondo Facebook, rinunciando alla pretesa che il social network sia uno strumento neutrale e si è assunto in prima persona tutte le enormi responsabilità che questo comporta. È, insomma, diventato finalmente adulto.
Non lasciare nessuno indietro
“L’obiettivo di Facebook – scrive – è avvicinarci sempre di più alla creazione di una comunità globale. Quando abbiamo iniziato, questa idea non era controversa. Ogni anno il mondo era sempre più connesso, il che è stato visto come una tendenza positiva. Ma ora, in tutto il mondo ci sono persone indietro a causa della globalizzazione, movimenti per uscire dalla connessione globale. Ci sono dubbi sul fatto possiamo creare una comunità globale che funzioni per tutti, e se il nostro percorso futuro è quello di collegare di più o di invertire la rotta”. E qui Zuckerberg non ha dubbi: la rotta non va invertita, ma anzi, la globalizzazione deve includere tutti, nel senso di non lasciare nessuno indietro: “Negli ultimi dieci anni, Facebook si è focalizzato nel mettere in contatto amici e familiari. Il nostro prossimo obiettivo sarà quello di sviluppare l’infrastruttura sociale per la nostra comunità – per sostenerci, per tenerci al sicuro, per informarci, per l’impegno civico e per l’inclusione”. Così l’attenzione non è solo per i tre miliardi e mezzo di persone non ancora connesse a internet, ma anche per il miliardo e 870 milioni di utenti di Facebook, perché la comunità più grande del mondo trovi gli strumenti e le norme per regolarsi da sola. “Essendo una comunità globale di persone – si legge nel post – abbiamo bisogno di Standard della Comunità che riflettano i nostri valori e aiutino a determinare ciò che dovrebbe e non dovrebbe essere permesso”. E “gli Standard della Comunità dovrebbero riflettere le norme culturali della nostra comunità. In caso di dubbio, preferiamo sempre dare alle persone la possibilità di condividere di più”. Sarà interessante vedere come questa posizione troverà applicazione in Cina, dove Facebook è vietato, o in quei Paesi dove vige la censura o il controllo oppressivo dei cittadini.
Supporto
Pian piano i vari pezzi del puzzle si compongono, e gli sforzi e le iniziative di Facebook negli ultimi tempi diventano una strategia complessa e coerente.
I gruppi, ad esempio: rientrano in quelle che il Ceo e fondatore del social network chiama “Comunità di supporto”: “Le comunità online – scrive- costituiscono un punto positivo e possiamo rafforzare le comunità fisiche esistenti aiutando le persone a unirsi online così come offline”. Oltre 100 milioni di persone sono membri di quelli che per Facebook sono “gruppi molto significativi”, nel senso che offrono un aiuto concreto alle persone della comunità virtuale e reale, che poi sono la stessa cosa: Zuckerberg parla ad esempio di gruppi di genitori che si danno supporto ed aiuto reciproco. “Il nostro obiettivo – prosegue – è rafforzare le comunità esistenti aiutandoci a unirci sia online sia offline così come metterci in condizione di costituire comunità completamente nuove a prescindere dalla localizzazione fisica. Quando raggiungiamo questo traguardo, oltre a connetterci online, rafforziamo le nostre comunità fisiche unendoci personalmente per sostenerci reciprocamente”. Per questo Facebook misurerà i suoi progressi in relazione a quanti “gruppi significativi” nascono, non semplicemente in base al numero dei gruppi.
Aiuto reciproco
“Significativi” vuol dire anche utili: “La comunità di Facebook – rileva Zuckerberg – è in una posizione unica per aiutare a prevenire danni, assistere durante una crisi, o riunirsi per ricostruire”. Per noi il pensiero va immediatamente al terremoto dell’Italia centrale, ma gli esempi sono parecchi. E proprio partendo dal riconoscimento di questo ruolo, il social network ha da poco annunciato Community Help, uno strumento specifico per affrontare le calamità, che si affianca al già esistente Safety Check, usato dai singoli utenti per far sapere di essere sopravvissuti. E non è finita qui: “Guardando al futuro, una delle nostre più grandi opportunità per tenere le persone al sicuro è costruire intelligenza artificiale per comprendere più rapidamente e con precisione ciò che sta accadendo in tutta la nostra comunità” … “nel futuro, ci saranno anche più casi in cui la nostra comunità dovrebbe essere in grado di identificare rischi relativi alla salute mentale, malattie o crimini”.
Vero e falso
Il discorso di Zuckerberg a questo punto non può non confrontarsi con l’esigenza che le informazioni diffuse su Facebook siano veritiere e corrette, oltre che tempestive. “Un’industria delle notizie solida è fondamentale per la costruzione di una comunità informata”, afferma infatti. E riconosce che “c’è ancora molto altro da fare per sostenere questa industria in modo da assicurare che questa funzione sociale sia sostenibile nel tempo”. L’accento è su bufale e filter bubble, e per Zuckerberg l’ideale non è dare visioni contrastanti dello stesso evento, quanto comporre le varie prospettive in un quadro generale, per evitare polarizzazioni estreme, che spaccano la comunità (e qui, come non pensare a queste prime settimane di presidenza Trump?). “Dobbiamo continuare a promuovere e incrementare la diversità – prosegue – mentre rafforziamo la nostra comprensione in modo che la nostra comunità possa avere il più positivo impatto possibile sul mondo”. E una mano la darà l’Intelligenza Artificiale, che dopo i primi tentativi non riuscitissimi, dovrebbe affinare man mano la capacità di “comprendere testi, foto e video e per poter valutare se essi contengono espressioni di odio, violenza grafica, contenuti sessualmente espliciti, e altro ancora”.
La politica
Zuckerberg ha detto che non si candiderà a presidente, ma è chiaro che la politica per lui e per la sua creatura riveste un ruolo sempre più importante. La questione, per come la pone nel post, non è essere da una parte o dall’altra, ma esserci e basta. “Al di là del voto, la più grande opportunità che abbiamo è quella di aiutare le persone ad impegnarsi proattivamente tutti i giorni nelle cause che sono importanti per loro, e non solo ogni qualche anno nelle urne”. Anche qui, finalmente si capisce come mai in occasione delle elezioni, Facebook propone i badge per registrare il voto: “Il punto di partenza per un maggior impegno civico nell’attuale processo politico è quello di sostenere il voto in tutto il mondo”, scrive infatti Zuckerberg. Il dato concreto sono i due milioni di americani che grazie alle comunità del social network hanno potuto registrarsi per esercitare il loro diritto di voto nelle ultime elezioni americane. Ma il nostro mondo è più connesso che mai, e affrontiamo problemi che superano i confini nazionali. In quanto comunità globale, Facebook – si legge ancora nel post – può esplorare i modi di prendere decisioni su scala larghissima, e qui addirittura pare che Zuckerberg stia pensando al social network come a una nazione, anzi alla nazione più grande del mondo. E lui non ha nemmeno bisogno di candidarsi a presidente: lo è già.
di Bruno Ruffilli, La Stampa