Mentre Vincent Bolloré si danna l’anima con la famiglia Berlusconi a cui vorrebbe in cuor suo sottrarre Mediaset per fonderla con la sua Vivendi e farne il nocciolo duro di una Netflix europea, come ha sempre ripetuto, cioè la prima media company euro-mediterranea, ci sono tre suoi colleghi, altri tre miliardari di prima generazione e per questo definiti «tycoon», che quel progetto lo stanno quasi realizzando. Sottotraccia com’è nello stile di questi tre tycoon ben conosciuti nei salotti finanziari parigini soprattutto da quando due di loro, Xavier Niel, il patron dell’operatore telefonico Free, e Mathieu Pigasse, banchiere d’affari cresciuto in Banque Lazard, hanno salvato con i propri denari quell’icona giornalistica che è il quotidiano Le Monde, mentre il terzo, Pierre-Antoine Capton, dopo un debutto di carriera artistica (voleva fare l’attore) è diventato un brillante produttore televisivo.
Che cosa hanno fatto questi tre ricchi e rampanti signori? Hanno costituito (anche con l’appoggio del colosso della pubblicità, l’inglese Wpp) un fondo di private equity (chiamato Mediawan, in modo che si capisse solo a pronunciarne il nome, che voleva diventare il numero uno. one = wan, dell’industria dei media), lo hanno quotato, l’anno scorso, alla Borsa di Parigi dove hanno raccolto 250 milioni di euro grazie alla sottoscrizione di banche d’affari come J.P. Morgan e altri fondi.
Ora, con questa dote finanziaria, i tre sono partiti a caccia di prede, seguendo quella strategia di sviluppo nell’industria editoriale e televisiva che Mediawan aveva annunciato già al momento della sua quotazione: «Mediawan intends to acquire target business or companies in the traditional and digital media content in Europe». Investire nei media europei e creare un polo produttivo sul modello Bolloré-Mediaset.
La prima a cadere nella rete, lunedì 30 gennaio (ieri per chi legge), il gruppo audiovisivo franco-belga AB «le premier éditeur, producteur et distributeur indipendent de contenus en France», come si legge nel comunicato fatto arrivare in anticipo alla redazione di Le Monde, per rispetto al giornale della casa.
Il gruppo AB (iniziali dei suoi due fondatori, Jean-Luc Azoulay, produttore anche lui dopo essere stato per anni l’assistente della cantante Sylvie Vartan, e Claude Berda, immobiliarista e uomo d’affari con interessi in Svizzera e in Belgio prima di farsi sedurre dal business televisivo) è un piccolo colosso da 158 milioni di euro di fatturato con 36 milioni di Ebitda e una tesoreria di 30.
È il primo produttore francese di canali tematici (per esempio, il canale tv di Science et Vie, il mensile scientifico di Mondadori France) e ha il catalogo-programmi più grande d’Europa, un magazzino prodotti televisivi pari a 12 mila ore di trasmissione.
Un piccolo gigante, come si diceva prima, che è stato ceduto dal suo patron Berda e dall’altro azionista TF1 (gruppo Bouygues) a un prezzo pari sette volte e mezzo il suo Ebitda (200 milioni circa), ben al di sotto dei parametri applicati in questo momento ai deal televisivi. Lo riconosce lo stesso Capton che non fa mistero di voler creare con Mediawan «une platforme européenne qui puisse répondre àux demandes de contenus de tous les opérateurs digitals», una piattaforma europea capace di rispondere alla domanda di tutta l’industria televisiva del Vecchio Continente.
Nel giorno dell’annuncio del deal gli hanno fatto eco i suoi due soci eccellenti, Niel e Pigasse: «On entend plus que jamais mettre sur pied un groupe de contenus audiovisues qui soit un leader européen», vogliamo a tutti i costi mettere in piedi una media company che sia leader in Europa. Ancora una volta, lo stesso progetto di Bolloré.
Giuseppe Corsentino, ItaliaOggi