La Banca centrale Usa ha pubblicato i verbali della seduta del 13 dicembre, quella in cui ha rialzato il costo del denaro. Senza mai citarlo, i banchieri hanno indicato l’arrivo di Trump alla Casa bianca come la maggior causa di instabilità e incertezza
Un messaggio che crea incertezza. La Federal Reserve ha pubblicato i verbali della riunione dello scorso dicembre, durante la quale i suoi membri hanno parlato di “incertezze notevoli” legate alle politiche fiscali espansive promesse dal presidente eletto Donald Trump. Il rischio è che la banca centrale Usa sia costretta ad alzare i tassi più rapidamente del previsto se la nuova amministrazione e il congresso approveranno tagli alle tasse e progetti infrastrutturali pensati per spingere la crescita. Tuttavia, è ancora “troppo presto” per giudicare l’impatto delle iniziative di Trump (che nel documento non è mai stato citato esplicitamente) e attualmente il mercato non crede che la Fed sia pronta a una stretta nell’immediato. Stando ai future sui Fed Funds, usati per fare scommesse sulle mosse della banca centrale, c’è solo il 4% di probabilità di un aumento del costo del denaro nella riunione che inizierà il 31 gennaio e si concluderà il primo febbraio. Le chance per un rialzo dei tassi entro giugno sono invece del 69%.
Ne fanno le spese le Borse europee che aprono deboli. Milano oscilla intorno alla parità, Francoforte cede lo 0,4%, Parigi lo 0,36% e Londra lo 0,1%. La Borsa di Tokyo (Nikkei) ha chiuso in leggero ribasso dello 0,37%, dopo il balzo del 2,5% della sessione di ieri (quella iniziale del nuovo anno) che l’aveva portato ai nuovi massimi da 13 mesi. Nonostante la nuova avanzata di Wall street e dei prezzi petroliferi – che hanno sostenuto altre borse asiatiche – il mercato azionario nipponico ha faticato oggi a tenere le posizioni, tra spinte ai realizzi di profitto favorite da un indebolimento del dollaro nei confronti dello yen (e di altre valute) seguito al tono incerto emerso dai verbali della Fed del 13-14 dicembre. La divisa nipponica si è attestata nella fascia mediana di un cambio tra 116 e 117 nei confronti del biglietto verde, contro la soglia di 118 toccata ieri. L’euro tratta in rialzo a 1,0557 sul dollaro.
Spread, invece, in lieve rialzo. Il differenziale tra Btp e Bund si attesta a 160,8 punti, contro i 159,6 di ieri sera. Il rendimento del titolo italiano si attesta all’1,86%.
Il petrolio tratta sostanzialmente stabile intorno ai 53 dollari al barile, mentre il Brent passa di mano a 56,29. Il risveglio dei prezzi, dovuto al taglio della produzione Opec scattato il primo gennaio, è stato frenato dalla Libia che, non dovendo rispettare i nuovi tetti, secondo l’agenzia Bloomberg sarebbe pronta a riaprire uno dei più importanti terminali di esportazione. L’oro tratta invece in rialzo. Il metallo prezioso è scambiato a 1.177 dollari l’oncia, ai massimi da circa un mese.
La Repubblica