Dopo il suo scontro con l’azionista indiano
Monsieur Bich (con la h finale) ritorna alla guida della Bic (senza h). Il primo produttore mondiale di penne a sfere, treat accendini, remedy rasoi e cancelleria, due miliardi di euro di fatturato, quotato alla Borsa di Parigi, ritrova il suo vecchio patron, il barone Bruno Bich, 69 anni, figlio di quel Marcel Bich che nel 1954 ebbe l’intuizione di acquisire il brevetto del giornalista ebreo-ungherese Lásló Bíró, il vero inventore della penna a sfera (l’aveva presentata alla Fiera internazionale di Budapest nel 1931 e l’aveva poi depositata all’Ufficio Brevetti di Parigi nel 1938 prima di emigrare in Argentina per sfuggire al nazismo). E’ un passaggio epocale nella storia nel colosso francese con 10 mila dipendenti e 26 stabilimenti di produzione in tutto il mondo, dal Brasile – da dove arriva il suo ultimo amministratore delegato, Mario Guevara – all’India. E’ proprio qui, in India, che la famiglia si è trovata impelagata per sei anni in una complicatissima vicenda giudiziaria (per questioni di governance) con il gruppo Cello Pens di Mumbai, il più grande produttore di penne a sfera di tutta l’Asia (con il marchio Butterflow, che si può tradurre con «scorre come il burro»), ora acquisito (per circa 140 milioni di dollari) dal gruppo francese. «Sono stati anni difficilissimi», ammette Bruno Bich, «il conflitto con il nostro socio indiano ha messo davvero in pericolo la redditività del gruppo al punto da spingerci a considerare la vendita, da qui ai prossimi tre anni, della divisione Bic Graphics, articoli di cancelleria dai colori ai quaderni, che rappresenta il 14% del nostro fatturato ma che da tempo non rende più come gli accendini e i rasoi, appena il 3%. Insostenibile». Per avere un’idea di che cosa sta parlando monsieur Bich, si tengano a mente queste due piccole cifre: il 38%, il margine netto del business accendini e il 18%, il margine netto dei rasoi usa-e-getta. Sotto questi livelli, Bruno Bich, tornato alla guida del gruppo dopo le dimissioni, a dicembre scorso, dell’amministratore brasiliano Mario Guevara, 56 anni, 25 trascorsi nel gruppo, come a dire una vita a occuparsi di penne a sfera (e poi accendini e rasoi e tutto il resto), non è disposto a scendere. Anche perché i report borsistici dei grandi investitori istituzionali (la famiglia controlla il 42% del gruppo, il resto è sul mercato) non sono proprio rosei, anche se il fatturato dell’anno scorso è cresciuto da 1,9 a 2,2 miliardi di euro (+6%), gli utili sono passati da 262 a 325 milioni di euro (+24%) mentre il Mol è fermo al 19%, probabilmente troppo basso per permettere di finanziare i colossali investimenti di cui il gigante francese ha bisogno anche per contrastare (anche) la concorrenza dell’e-commerce (soprattutto nel settore «graphic», quello in sofferenza, che rende appena il 3% come s’è detto).
Come prima mossa monsieur Bich ha deciso di destinare 180 milioni di euro all’innovazione di processo (modernizzazione della fabbrica di Samer, Pas-de-Calais, nel nord della Francia, che produce portamine; una nuova fabbrica di rasoi a Manaus in Brasile; nuove linee di produzione nella controllata Cello Pens a Mumbai, in India) e all’innovazione di prodotto (su cui il top secret è totale, com’è ovvio).
Così com’è segreto, anzi segretissimo, il livello degli investimenti in pubblicità che dovranno servire, come spiega Sophie Palliez-Capian, responsabile del servizio Investors Relations del gruppo, a mantenere la «rentabilité» complessiva a quota 18%, non un punto percentuale in meno. Per superare la crisi dell’acquisizione della controllata indiana e del crollo del settore «graphics» e per consolidare i «métiers» tradizionali della Bic, Bruno s’è dato tre anni di tempo, fino al suo 72° compleanno. Quanto basta per preparare il terreno al suo primogenito, Gonzalve Bich, che ha 37 anni e lavora negli uffici e negli stabilimenti Bic da quando ne aveva 13. Per rispettare la tradizione, come dice il vecchio barone: «Nous sommes une affaire familiale», un affare di famiglia.
Italia Oggi