L’estremo tentativo di salvare la sede romana di Almaviva è finito in modo negativo: il tavolo riaperto presso il MiSe ha visto la conferma dei 1.666 licenziamenti.
A nulla è servita la scelta delle Rsu di chiedere un ultimo incontro su mandato referendario a seguito della consultazione svolta tra i lavoratori subito dopo il tavolo di Napoli. I vertici di Almaviva – ponendo dei limiti di natura legale – hanno fatto sapere in maniera irrevocabile di non essere disponibili a ritirare i licenziamenti.
Gli stessi rappresentanti dell’azienda hanno analizzato i dati del referendum riscontrando che 601 lavoratori si sono disinteressate alla partecipazione; 590 hanno espresso la volontà di rientrare in azienda e 473 hanno rigettato in toto questa ipotesi rifiutando ogni accordo (2 schede sono risultate nulle). Per questo, secondo Almaviva, ci sono circa 800 persone (di media) che non hanno accettato i parametri dell’accordo di Napoli (LEGGI QUI).
Le Rsu Slc Cgil ed Ugl Telecomunicazioni, al termine dell’incontro al MiSe, hanno fatto sapere di aver rispettato i mandati ricevuti sia prima che dopo il tavolo di Napoli. Purtroppo non è servito a nulla e ora 1.666 lavoratori si trovano a festeggiare un 2017 senza lavoro. Come hanno fatto sapere alcuni rappresentanti sindacali, non tutti i lavoratori hanno da subito compreso la criticità della situazione e si sono espressi con estremo ritardo. Si tratta di persone che sino a quel momento non hanno mai espresso la loro posizione alle assemblee, nè hanno partecipato alle manifestazioni.
“Tutti i partecipanti alle assemblee di questi 75 giorni – ha sottolineato Livia Bignozzi, Rsu Ugl Telecomunicazioni – ci hanno chiesto categoricamente di non firmare mai nulla che riguardasse modifiche all’art. 4 della legge 300 (sul controllo) e che implicasse un abbassamento del costo del lavoro. Questi sono gli elementi sottoscritti nell’accordo del 21 dicembre scorso a Napoli che noi non abbiamo firmato”.
Luca Cirimbilla, L’Ultima Ribattuta