A San Silvestro, l’allegria è obbligata. Si urlano in coro, i dieci secondi finali (l’anno scorso la Rai decise di annunciare l’inizio del 2016 con un paio di minuti di anticipo rispetto alle altre reti per ragioni di ascolto) con un entusiasmo generale e per questo non credibile: come se, per tutti, l’anno precedente fosse stato orribile e l’anno successivo portatore, con sicurezza, di ogni felicità. Orticaria, orticaria: ogni fine anno mi porto in tasca un salvifico antistaminico. Poi, con un sorriso ebete come tutti, mi metto a suonare trombette, lanciare coriandoli, stelle filanti, non escluso qualche insidioso mortaretto. Così come di mamma, per fortuna, ce n’è una sola, l’unica consolazione è che la fine dell’anno si festeggia dopo 365 giorni. Comunque sia, diciamolo: l’Italia è uno dei Paesi festaioli più esagerati di tutto il mondo, siamo tristissimi, pessimisti, non facciamo figli, e tuttavia nelle feste obbligate riusciamo ad esprimere un’ebbrezza e una gioia, che nella maggio parte dei casi non sentiamo affatto.
Cesare Lanza, ItaliaOggi