di Cesare Lanza
Scommettiamo che l’esito del voto sul referendum – una bastonata per Matteo Renzi, che si era illuso di fare piazza pulita, uomo solo al comando – non porterà (anzi!) drammatiche conseguenze? Il testardo catastrofismo dei sostenitori del Sì è ciò che più mi ha impressionato, ma anche divertito, ieri notte, dopo che con chiarezza si era delineata la perentoria vittoria del No. Non mi riferisco ai tanti politici che anguillescamente sgusciano da una brutta figura all’altra, instancabili, senza mai una pausa autocritica. E il loro mestiere, tenersi a galla. Ce l’ho con i soloni di un certo giornalismo. Quelli che non ne azzeccano mai una, firmano previsioni totalmente sbagliate, e poi dopo il regolare ko intellettuale puntualmente si smarcano. Cercando di deviare l’attenzione del pubblico: dopo lo smacco annunciano pericoli, insidie, addirittura catastrofi – che a loro giudizio arriveranno, immancabili. Non solo: a volte la disinvoltura è tale che cercano di spiegare prontamente ciò che non avevano minimamente capito. (Tra i tanti possibili, un solo esempio: un ineffabile libro di Federico Rampini, dopo il successo di Donald Trump). Mi aspettavo un po’ di prudenza, dopo certe figuracce: la sorpresa Brexit, il colpo di scena alla Casa Bianca, le più eclatanti. Invece no. Dopo la sconfitta di Renzi, i soloni hanno trovato al volo un nuovo filone polemico. «Il rischio del salto nel buio», titola graziosamente Mario Calabresi su Repubblica. Insomma, ci aspetta il peggio. Instabilità. Spread alle stelle. Borsa a picco. Nessuna maggioranza politica. Addirittura, il pericolo delle elezioni. E via jellando. Ma non eravamo noi, i gufi?
Cesare Lanza, La Verità