di Cesare Lanza
Scommettiamo che i grandi personaggi della Prima Repubblica saranno presto (giustamente) rivalutati,
mediaticamente e storicamente? Il riferimento non è solo solo al dibattito – estenuante – sulla Costituzione, alle manovre di Matteo Renzi per riformarla a suo personale vantaggio. Ma certo uomini come Enrico De Nicola e Luigi Einaudi, o Alcide De Gasperi, Pietro Nenni e Sandro Pertini, Palmiro Togliatti e Giuseppe Saragat, se fossero vivi oggi, si comporterebbero ben diversamente, ovvero con un profondo senso dello Stato, rispetto all’attuale inquilino di Palazzo Chigi, e gli sbarrerebbero autorevolmente la strada. È indiscutibile la differenza tra i giganti di ieri e i pigmei di oggi. Ma, a parte Pertini, a cui fui molto vicino, non ho avuto il piacere, per ragioni di età, di conoscere e frequentare quei colossi della politica e della vita italiana. Ho però conosciuto abbastanza alcuni protagonisti della (più o meno) successiva generazione, Amintore Fanfani e Giulio Andreotti, Paolo Emilio Taviani e Giancarlo Pajetta, Giovanni Leone, Giacomo Mancini, Francesco Cossiga e Bettino Craxi, per poter dire che anch’essi, e molti altri, furono di livello assolutamente superiore rispetto alla qualità dei leader odierni. Le differenze? Numerose, ma ne cito solo tre: lo stile, la differenza abissale nei comportamenti politici e privati; quanto al denaro, la pur discutibile
«linea» era di trovarli a sostegno del partito, non per arricchirsi personalmente; il rispetto dello Stato e degli
avversari, senza le gazzarre, gli insulti e le oscenità di oggi.
di Cesare Lanza, La Verità