Al museo Poldi Pezzoli di Milano le creazioni di orefici, artisti e pittori del 900. Partner Canon
Per conquistare i giovani realtà aumentata e spazio sui social
di Claudio Plazzotta, ItaliaOggi
Il mondo dell’alta gioielleria e del collezionismo in genere hanno vissuto negli ultimi 150 anni una sorta di innamoramento per le griffe francesi: i nomi di Cartier, Chopard, Boucheron, Mauboussin, Boivin, Chaumet o Van Cleef & Arpels sono infatti stati protagonisti celebrati ovunque e molto valorizzati pure nelle aste.
La scuola italiana, invece, è rimasta un po’ sullo sfondo, spesso senza fondate motivazioni. Ed è forse arrivata l’ora di levare la polvere ed esaltare nei modi dovuti le griffe e gli artisti gioiellieri che lungo la Penisola, da inizio secolo ai giorni nostri, hanno disegnato e poi realizzato veri capolavori artistici. Esposti, non a caso, fino al 20 marzo 2017 nel Museo Poldi Pezzoli di Milano. Sono 150 pezzi, da Buccellati a Pomellato, da Damiani a Bulgari, passando poi per nomi meno noti al grande pubblico ma vere e proprie star del comparto: le creazioni del milanese Alfredo Ravasco, del genovese Filippo Chiappe, e poi le firme di Musy, Petochi, Cusi, Codognato, Ascione, Chantecler, Illario, o le sperimentazioni di Mario Masenza col pittore Afro Basaldella e lo scultore Cannilla, o quelle di Arnaldo e Giò Pomodoro, Giò Caroli e Rivière.
Come spiega la curatrice della mostra, Melissa Gabardi, si va dall’inizio del 1900 agli anni 90: «Non è stato semplice recuperare i pezzi, poiché in Italia c’è spesso stata la moda del rifacimento, gioielli originali smontati e rifatti secondo altri gusti.
Tante opere sono andate perdute così, o per l’oro alla Patria, o durante il secondo conflitto bellico mondiale. Però c’è una produzione magnifica, dal Neostoricismo al Liberty o l’Art Déco con gioielli moderni, simmetrici e geometrici. E poi il platino e i diamanti anni 30, l’oro giallo e il gusto vistoso degli anni 40 e 50. Dagli anni 60 in poi le griffe italiane si impongono di più sulla scena mondiale, Bulgari fra tutte, e le collezioni puntano molto a gioielli portabili da mattina a sera, per donne attive e che lavorano».
La mostra, sottolinea Annalisa Zanni, direttrice del Museo Poldi Pezzoli, «non sarebbe comunque stata possibile senza l’aiuto dei nostri amici, tra cui AcomeA Sgr, Canon, Fondazione Cariplo, Centro sperimentale di cinematografia-Lombardia, Fondazione Cologni dei mestieri d’arte, Fondazione Corriere della Sera e tanti altri. La Fondazione Cariplo, in particolare, è proprio una sorta di Ministero dei beni culturali in Lombardia, e sostiene noi come tante altre istituzioni con scrupolo e attenzione».
Il tema, gioielli, e il luogo, Poldi Pezzoli, potrebbero non essere in cima al menù del pubblico giovane. Ma a svecchiare il target proverà Canon Italia, da un anno partner del museo milanese: «E’ importante tramandare alle nuove generazioni le bellezze italiane», conclude Enrico Deluchi, managing director di Canon Italia, «nella moda, nel cibo, nell’arte, nella natura. E vogliamo tramandarle col nostro linguaggio, l’immagine, che è poi il nuovo linguaggio dei giovani. Perciò offriremo esperienze di realtà aumentata, servizi per smartphone, eventi per gli iscritti a Instagram, e metteremo a disposizione tutto il nostro mondo social».