Cocchiere pigro cerca un cavallo capace di guidarsi da solo. Philippe Bouvard, Je crois me souvenir. J’ai lu, 2013.
Che vergogna, dopo un’onorata carriera di masochista, scoprire che mi voglio bene. Gesualdo Bufalino, Il malpensante. Bompiani, 1987.
Sismologi – Un lavoro socialmente inutile. Jena. La Stampa.
E dagliela con ‘sti frigoriferi nelle strade di Roma. Occhio piuttosto alle lavatrici, che potrebbe esserci il cervello di Brunetta ancora nella centrifuga. Andrea Marcenaro. Il Foglio.
De Bortoli, fin dall’inizio della carriera, aveva le stigmate, come Padre Pio: si vedeva che era destinato a diventare importante in paradiso. Veniva dal Corriere dei Ragazzi, eppure, a un anno dall’assunzione al Corriere di Informazione, s’era già fatto eleggere nel Comitato di redazione sinistrorso. Aveva capito tutto. Bellino, ordinato, pettinatino, perfettino. Ad assumerlo al Corinf era stato Cesare Lanza. Vittorio Feltri, Il Vittorioso. Marsilio, 2010.
D’Alema ha cominciato a parlare bene di Berlusconi: «La sua riforma costituzionale era migliore di quella di Renzi», «è un politico di razza», «uno dei grandi protagonisti» mentre Berlusconi si sottrae all’abbraccio e s’innervosisce nel vedere Brunetta che a D’Alema stringe entusiasticamente la mano. Salvatore Merlo. Il Foglio.
Ora, è stata notata in Pietro Grasso, presidente del Senato, l’accentuazione di un’antica tendenza: quella di farsi vedere poco in Aula a dirigere i lavori. Il poco, negli ultimi mesi, si è ridotto a quasi niente. La guida dell’Assemblea è quindi appannaggio dei suoi quattro vice. Da quando Renzi ha cominciato a zoppicare, serpeggia la voce che Grasso aspiri a Palazzo Chigi. Pare speri, se Matteo cadrà sul referendum istituzionale, di essere chiamato lui a formare un governo di tregua, giusto per dare un’aggiustatina alla legge elettorale e poco altro. Un «gabinetto balneare», come si diceva un volta. Soprattutto, un modo per entrare nel Libro d’oro dei presidenti del consiglio. E con un primato: primo magistrato a capo dell’Esecutivo. Sai che goduria. Giancarlo Perna. Libero.
Sebastian Thrun, l’ingegnere che sta dietro all’auto senza pilota di Google è anche una superstar dell’insegnamento online. Lui si vanta di una lezione virtuale con 160 mila studenti, contro i 200 che aveva a Stanford. La domanda che non si pone è: che fine faranno tutti gli altri prof non star? Beh, non credo che al ragazzo del Bangladesh o del Kenya che l’ha seguito importasse molto del fatto che Thrun fosse o meno una star. Gli importava che spiegasse bene. Se anche fosse stato un semplice studente universitario con lo stesso talento, l’avrebbe seguito comunque. La cosa più interessante è un’altra. Ovvero che, alla fi ne del corso, nella classifica dei migliori studenti il primo da Stanford arrivava solo 413simo. Signifi ca che ce ne sono 412 là fuori, con meno risorse e fortuna, più bravi di lui. E che oggi, grazie a Internet, hanno un posto dove coltivare il loro talento. Werner Herzog, regista di Fitzacarraldo. (Riccardo Staglianò). ilvenerdì.
Per capire il rapporto fra marito e moglie nell’antica Roma basta leggere questo brano di Cicerone alla sua cara Terentia: «Luce della mia vita, nostalgia del mio cuore». Sposatosi una prima volta (il divorzio era facile a Roma) Cicerone si risposò con una ragazza di quindici anni senza che ciò facesse scandalo mentre Cicerone aveva 45 anni più di lei. Il testo della sua passione per sua figlia è emozionante perché dopo la morte di sua fi glia Tullia egli aveva perduto l’unica cosa che lo teneva legato alla vita. Mary Bears, S.P.Q.R. Perrin, 2016.
«Dove?» Domandavo io per sapere dove voleva andare. «Dove ti pare…» rispondeva lui. Tirava indietro lo schienale, si sdraiava e mi insegnava la mia vita, raccontandomi la sua. Pupi Avati, Gli amici del Bar Margherita. Mondadori, 2009.
I falchi, sulla pianura del Don, scorrevano durante gran parte della giornata, unici esseri in movimento. Volavano isolati, lenti, instancabili, i piccoli occhi duri puntati nell’erba in cerca di preda: a momenti si sostenevano senza più avanzare sulle ali vibranti, pronti alla picchiata verticale: facevano allora trattenere il fi ato all’osservatore, cui il binocolo avvicinava ogni particolare. Eugenio Corti, Il cavallo rosso. Edizioni Ares, 1983.
Devo tutto a Craxi. Appassionato di cabaret, quand’era assessore a Milano veniva a vedermi al Derby. Una sera del 1977 mi fece esibire a casa sua, in via Foppa. C’erano Ornella Vanoni, Renato Pozzetto, Lino Patruno, i Gufi , Caterina Caselli con il marito Piero Sugar. Alla fi ne della cena, Bettino mi presentò uno degli ospiti: «Questo signore farà una televisione e tu lavorerai con lui». Era Silvio Berlusconi, che l’anno seguente lanciò Telemilano 58, da cui sarebbe nato Canale 5. Io lo deliziavo perché parlavo in lissonese. Ancora oggi ricorda a memoria tutti gli sketch del mio primo personaggio di successo al Derby: Fidelio Cam, Centro arredamento moderno, il mobiliere ultramilionario della Brianza. Massimo Boldi. (Stefano Lorenzetto). Panorama.
Ieri ero sotto il grattacielo della Regione Lombardia. Non si è mai vista un’opera così imponente. Alcuni turisti passavano e dicevano: «Cos’è, la sede della Ferrari?». Io: «No. È la sede della regione dove siamo». I turisti infatti sanno di trovarsi a Milano, ma non sanno il nome della regione, come me quando vado a Marsiglia (a proposito, in che regione è Marsiglia?). Sentendosi rispondere così, i turisti, rimangono delusi e dicono: «Noi veniamo dalla California, ma la sede della nostra regione non è così grossa». Altri: «Io arrivo dal Sud Dakota e la sede dello stato è dieci volte più piccola di questa sede regionale». Poi se la prendono con me: «Ma perché non si è opposto quando la stavano costruendo?». Io: «Non si preoccupi. Avevo le mie ragioni per stare zitto». I turisti di solito proseguono a piedi e incontrano un altro grattacielo. Mi chiedono: «E questo?». Io: «È il grattacielo Pirelli». Loro: «Finalmente una sede prestigiosa per una grande azienda italiana». Io: «No, guardate che si chiama grattacielo Pirelli, ma è la sede della regione Lombardia». Turisti: «Anche lui? Va bene, contenti voi». Poi vedono un altro edifi cio imponente e mi fanno: «Anche quello è della regione Lombardia?». Io: «No, questa è la stazione e oggi c’è sciopero». Loro: «Ma non conviene che ogni grande edifi cio sia sede della regione?». Mi sono offeso. Ma nemmeno tanto. Maurizio Milani, scrittore satirico. Il Foglio.
Dell’infanzia, in tempo di guerra, ricordo soltanto il latte condensato e il cappotto rivoltato. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
di Paolo Siepi, Italia Oggi