La legge prevede che il Garante Tlc sia finanziato dalle stesse aziende che controlla. Ma gli operatori contestano da sempre, anche in Tribunale, i meccanismi di calcolo degli importi. La società cagliaritana: abbiamo lavorato a lungo a una soluzione concordata
Il Garante per le Comunicazioni, l’AgCom, presenta il conto a Tiscali. Un conto da un milione di euro. Sono soldi che la società sarda di tlc avrebbe dovuto versare al Garante nel 2013, 2014 e 2016; che non sono mai arrivati al destinatario e che ora le vengono richiesti con una formale diffida.
Tutto nasce nel lontano 2005 quando la Legge Finanziaria fissa un principio importante. Stabilisce che le autorità di garanzia non debbano più ricevere contributi diretti dallo Stato. Il loro finanziamento verrà garantito, in larga parte, dalle società stesse che queste autorità controllano. Negli anni successivi, è l’AgCom a decidere quanti soldi le società le dovranno versare ogni anno, sia pure nei limiti prefissati dalla legge.
L’AgCom stabilisce che le società vigilate le paghino una quota dei ricavi che hanno ottenuto “nei settori delle comunicazioni elettroniche e dei servizi media” (dato che va estrapolato dall’ultimo bilancio). Questa quota viene fissata all’1,9 per mille per il 2013; e all’1,4 per mille per il 2014. Invece, per il 2016, l’AgCom scinde le cose. E reclama l’1,4 per mille dei ricavi nelle comunicazioni elettroniche e il 2 per mille per il settore media.
Tiscali ha un atteggiamento ondivago in questa vicenda. Da un lato calcola in modo preciso quanto dovrà versare ad AgCom. Su questo non ci sono contestazioni. Poi però non paga. Quando AgCom la sollecita a onorare il debito, chiede di poterlo fare a rate (tra aprile e maggio 2016). E di fronte alla bocciatura della rateizzazione, di nuovo non paga. Ora il Garante – con tre delibere di questi giorni – diffida Tiscali dal versare quanto deve. Tra contributo e interessi legali maturati, parliamo di un milione e 5104 euro per i tre anni. Il nuovo management della società cagliaritana, che ha ereditato questa grana per le scelte del precedente, avrà ora 60 giorni per adempiere all’ordine.
La società cagliaritana spiega così la sua posizione: “L’entità della contribuzione da versare ad AgCom è un tema controverso e di sistema, che coinvolge da anni la totalità dei soggetti tenuti al versamento (dai principali operatori di telecomunicazioni alle pay tv). Un tema ad oggi irrisolto, nonostante le decine di ricorsi pendenti davanti al Tar e alcuni pronunciamenti della Corte di Giustizia europea e del Consiglio di Stato. In particolare il Consiglio di Stato ha accolto le istanze di alcuni dei principali operatori per gli anni di contribuzione 2006-2010 e 2011. Su queste specifiche sentenze è pendente un ricorso dell’AgCom in Cassazione”.
A proposito di Tiscali, “le mancate contribuzioni – in particolare quelle riferite agli anni 2013 e 2014 – sono conseguenza di una scelta aziendale di non procedere con l’impugnativa formale del metodo di calcolo di AgCom, confidando in una soluzione concordata . Abbiamo evidenziato le criticità nell’eseguire i pagamenti sulla base dei criteri indicati, ma la soluzione concordata purtroppo non ha avuto luogo. Tiscali auspica che al termine dei citati procedimenti si possa giungere alla determinazione di un equo contributo. Prospettiva che pare condivisa dagli altri operatori del settore come dimostrano, ad esempio, i ricorsi cautelari accolti dal Tar e inoltrati in particolare da H3g e Bt per l’anno 2015, che saranno discussi nel merito il 16 novembre dinanzi al Tar”.