Comincia in aula l’iter del ddl Lombardi che dimezza il salario di deputati e senatori e promette risparmi fino a 87 milioni di euro. Renzi rilancia con l’aggancio dell’indennità dei parlamentari alle loro effettive presenze
Arriva oggi alla Camera il disegno di legge, prima firmataria Roberta Lombardi, che punta a dimezzare gli stipendi dei parlamentari. E si preannuncia battaglia in aula. La proposta dei cinquestelle prevede di tagliare del 50 per cento la parte fissa dell’indennità (da 5mila a 2500 euro netti al mese) e ridurre la diaria. Con risparmi per le casse dello Stato fino a 87 milioni di euro (61 milioni dalle indennità e 25 milioni dalle spese), “più di quanto si risparmierebbe con la riforma costituzionale”, come ha detto Grillo in un videomessaggio pubblicato sabato sul suo blog. Il M5s parla di “giornata storica” e invita gli attivisti a scendere in piazza domani alle 15 davanti Montecitorio.
La controproposta di Renzi. Il premier Matteo Renzi, ospite ieri di Lucia Annunziata a In mezz’ora, ha rilanciato con una controproposta: “Il Pd è favorevole a ridurre gli stipendi, il problema è come farlo – spiega – . Ad esempio potremmo dare ai parlamentari l’indennità sulla base delle presenze. Di Maio ha il 37 per cento delle presenze e prende il doppio di me che non sono parlamentare. Alla fine del mese gli si dia il 37 per cento dello stipendio”.
Di fatto il ddl Lombardi approda in aula senza relatore e con un carico di un centinaio di emendamenti, in sostanza con pochissime possibilità di passare al primo colpo. Di sicuro domani sarà rispedito in commissione Affari costituzionali per “vizio d’esame”. Ma Renzi dovrà fare i conti con le ricadute mediatiche dell’operazione grillina in piena campagna referendaria. I tentativi precedenti. La legge dei cinquestelle è solo l’ultima di una serie di tentativi, reiterati negli anni, di riduzione dei costi della politica. Bisogna risalire al 2010, anno della commissione Giovannini, presieduta appunto dall’allora presidente dell’Istat, per avere un primo confronto completo tra gli stipendi dei parlamentati italiani e quelli del resto d’Europa. Da quando sono in Parlamento, i cinquestelle hanno provato a chiedere il dimezzamento delle indennità dei parlamentari otto volte con ordini del giorno alla legge di Bilancio e altre due con emendamenti alla riforma della Costituzione (tutti bocciati dalla maggioranza).
Dal 2006 con una serie di provvedimenti interni la Camera ha ridotto progressivamente, seppur di poco, l’importo dell’indennità parlamentare. Nel 2006, appunto, c’è stata la prima riduzione del 10%. Dal 2007 è stata disposta, per 5 anni, la sospensione degli adeguamenti retributivi. Tale misura è stata successivamente prorogata fino a tutto il 2013. Per il triennio 2011-2013, l’indennità è stata di nuovo e ulteriormente ridotta nella misura del 10% per la parte eccedente i 90mila euro, e del 20% per la parte eccedente i 150mila euro lordi annui. Tale riduzione è raddoppiata per i parlamentari che svolgono un’attività lavorativa per la quale percepiscono un reddito uguale o superiore al 15% dell’indennità parlamentare. Un’ulteriore riduzione dell’indennità è stata deliberata dall’Ufficio
di Presidenza il 30 gennaio 2012. Infine, il 20 settembre 2012, l’Ufficio di Presidenza della Camera ha deliberato la stabilizzazione, fino a tutto il 2015, delle misure di riduzione dell’indennità parlamentare e di sospensione del suo adeguamento.
Repubblica