di Cesare Lanza
Scommettiamo che il vero merito non sarà mai adeguatamente riconosciuto? Sì, riconosco che la scommessa oggi è facile. Però, spinto dallo stupore e dall’indignazione per il premio Nobel assegnato a Bob Dylan anziché ad altri meritevolissimi scrittori (in primis Philip Roth!), vi propongo qualche riflessione.
Anch’io amo i cantautori e penso che siano a volte autentici poeti. Non solo Dylan, universalmente conosciuto. In Italia, per intenderci, la schiera è folta: Paolo Conte e Fabrizio De André, Rino Gaetano e Pino Daniele, Claudio Baglioni e Francesco De Gregori e tantissimi altri. Ma non darei mai né a loro né a Dylan il Nobel. Mi chiedo, visto che ne ho fatto il nome, perché ogni anno Philip Roth entri Papa in conclave e ne esca cardinale. Forse perché il suo capolavoro, Lamento di Portnoy, è considerato scandaloso? Forse perché nel suo linguaggio oscenità e scurrilità sono costanti? 0 forse per una incredibile incompetenza? O forse – temo – per il desiderio di provocare? La storia del Nobel è ricca di stravaganze e contraddizioni.
Pensando all’Italia, per la letteratura: il Nobel a Grazia Deledda otto anni prima che a Luigi Pirandello? A Salvatore Quasimodo prima che a Eugenio Montale? E la mia adorata Alda Merini mai considerata? E il premio a Dario Fo, che riposi in pace? E allora perché non a Totò? ‘A livella, da sola, vale cento volte tutte le opere di Fo messe insieme. Basta. L’indignazione suprema mi è arrivata da una sciagurata battuta di una mia amica: «Dylan è conosciuto in tutto il mondo, Roth da pochissimi!». Questo è dunque il messaggio, sul merito? La popolarità? Di questo passo, vedremo assegnare presto il Nobel al Grande Fratello.
Cesare Lanza, La Verità