Nella grande distribuzione gli acquisti di “bionde” crescono del 4% nel giro di un anno. Scende però la quota di quelle premium a vantaggio di quelle standard
L’acquisto di birra nella grande distribuzione (giugno 2015-maggio 2016) cresce del 4% a volume e raggiunge i 610 milioni di litri (fonte: Iri) per un giro d’affari di 1,2 miliardi di euro.
Cosa mettono nel carrello i consumatori? Birre di consumo quotidiano, con quelle premium e saving che arretrano sino a registrare variazioni negative in termini di volumi. Chi acquista premia la convenienza e dunque i prodotti in promozione e le birre meno costose, conservando però come punto di riferimento imprescindibile la qualità. Calano, in tal modo, le vendite di birre del settore premium (-1%) a vantaggio di quelle comprese nella fascia standard (+5%).
Incontrano, invece, sempre più il favore dei consumatori le birre speciali, che registrano una crescita del 13,9% rispetto al periodo giugno 2014-maggio 2015 rappresentando il 10% del mercato a volume e il 18% a valore. Sempre più apprezzate quelle ad alta fermentazione, ambrate e scure, affumicate, che prevedono ingredienti particolari (come il frumento) e che si differenziano dalla classica birra lager a media gradazione alcolica. Un consumo destinato soprattutto a chi piace sperimentare nuove varianti e nuovi sapori.
E’ invece in fase di consolidamento il settore delle birre aromatizzate (radler a vari frutti o altri mix di birra e soft drinks) con volumi aumentati fino al 40%. I primi a proporle sul mercato italiano sono stati i produttori tedeschi da quelle zone della Germania in cui sono un consumo abitudinario. Faticano a crescere le birre analcoliche e light (1,1% del mercato), che, nonostante le campagne di comunicazione di alcuni birrifici industriali, non riescono a intercettare quei target che sono meno portati al consumo di prodotti alcolici, come le donne.
Repubblica