Gli editori lasciano Torino e lanciano la loro kermesse. A maggio in parallelo con l’evento sabaudo. Joint venture con la Fiera per accogliere 100 mila visitatori
«I matrimoni finiscono anche dopo 40 anni». Ora, a Torino «amministrazione e Fondazione per il libro decidano di fare quello che vogliono»: con queste parole il presidente Federico Motta ha sancito il divorzio dell’Aie dal Salone del libro sabaudo. Gli editori italiani riuniti nell’associazione hanno formalizzato ieri la decisione di lanciare a Milano la loro kermesse alternativa.
Si terrà a maggio (nello stesso periodo quindi del Salone piemontese ma solo «per motivi organizzativi»), sarà ospitata alla Fiera di Rho-Pero, sono attesi prudenzialmente 100 mila visitatori per la prima edizione e a gestirla sarà una newco da costituire nel giro di un mese, in joint venture tra Fiera Milano (al 51%) e la stessa Aie (al restante 49%). Il nome definitivo della kermesse non c’è ancora così come si sta lavorando al programma da presentare a settembre. Di certo c’è che, come ha ribadito Motta, il nuovo evento per la promozione e distribuzione del libro avrà il suo centro a Milano ma coinvolgerà tutto il territorio nazionale. Verranno creati eventi anche in altre città come Roma, dove l’Aie già organizza «Più libri più liberi», senza escludere il Sud d’Italia che «non ha nemmeno una manifestazione dedicata». Nel nuovo palinsesto entreranno anche una sorta di Borsa dei diritti d’autore (vedere ItaliaOggi del 15/7/2016), incontri e presentazioni non solo di editori ma di tutta la filiera, dagli autori e illustratori alle librerie e biblioteche, senza trascurare uffici marketing e distributori. E ancora l’Aie auspica una collaborazione con il Centro del libro, «che ha poche risorse ma potrebbe essere uno strumento fantastico», sempre secondo Motta.
Sul filo del rasoio sono stati 17 su 32 i voti favorevoli al divorzio da Torino espressi ieri nel consiglio generale dell’Aie. Sette i contrari, otto gli astenuti. Tra i favorevoli, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, ci sono Mondadori e Gems (Gruppo editoriale Mauri Spagnol). Tra i grandi gruppi contrari rientra invece Feltrinelli, che sempre ieri ha chiesto di aspettare per creare prima un vero progetto organico, pluriennale, e solo dopo scegliere la città, magari integrando Torino e Milano. Ma tra i contrari ci sono anche l’ex presidente Aie Marco Polillo, Marcos y Marcos e Hoepli.
Saranno messi di mezzo gli avvocati ma l’Aie ha confermato la decisione presa all’unanimità a febbraio di lasciare la Fondazione torinese per il libro, anche se dal capoluogo piemontese hanno espresso qualche perplessità sul possibile iter di uscita. Il motivo dell’abbandono, ha precisato Motta, è che «il modello della fiera del libro non è condiviso. Le fiere di questo settore devono essere di proprietà e gestite dagli editori. I costi non sono stati l’elemento determinante nella scelta di Milano», nonostante studi dell’Aie abbiano previsto risparmi nel tenere la nuova fiera in Lombardia. Che cosa resta degli anni torinesi? Solo «anni di partecipazione», ha risposto laconico Motta. «Per il futuro, se la Fondazione vorrà, noi siamo aperti a forme di collaborazione».
«Dialogheremo con tutti. Anche coi ministeri», ha proseguito il presidente Aie, pur considerando che i ministeri dei beni culturali e dell’istruzione restano (insieme con Intesa Sanpaolo) dentro la Fondazione sabauda appena lasciata dall’Aie. Peccato poi che i due ministeri siano i tramiti principali per portare la promozione della lettura nelle scuole, a contatto coi giovani.
Sfida accettata intanto a Torino che domani dovrebbe nominare il nuovo presidente della Fondazione al posto di Giovanna Milella (in pole c’è l’ex ministro dei beni culturali Massimo Bray). Secondo il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, «Aie ha parlato di disponibilità» nel cercare con la Fondazione una soluzione gestionale condivisa ma «non è ha dimostrata molta. Ora il rischio è di fare due saloncini». Quindi senza ridimensionamenti «l’edizione torinese 2017 del Salone del libro si farà», ha rincarato la dose la sindaca Chiara Appendino. «Lavoreremo con gli editori che non la pensano come Motta».
Marco A. Capisani