Il ministero del Lavoro rilancia il Sia, Sostegno per l’inclusione attiva, strumento creato dal governo Letta nel 2013 e ora esteso a tutta Italia, dopo una lunga sperimentazione nelle grandi città. Gli aiuti arriveranno a 180-220 mila famiglie in difficoltà. La domande dal 2 settembre
Il governo rimette in moto il Sostegno per l’inclusione attiva, il Sia. Uno strumento creato dall’allora ministro del Lavoro Enrico Giovannini nel 2013 e ora rilanciato dal suo successore Giuliano Poletti, dopo un lungo periodo di sperimentazione nelle grandi città. Il piano contro la povertà del governo Renzi si sostanzia in 320 euro al mese per 180-220 mila famiglie povere o in difficoltà (con un tetto a 400 euro), ovvero tra 800 mila e un milione di beneficiari, di cui la metà minori. Il via alle domande per ottenere l’aiuto è previsto per il 2 settembre. Il Sia non è un semplice sussidio, perché vincola l’erogazione di soldi pubblici all’impegno del singolo a seguire progetti sociali e lavorativi personalizzati.
Si parte da un budget di 750 milioni di euro per il 2016 (fondi europei, nazionali e regionali), ma si tratta di una “misura ponte” destinata a traghettare il Paese verso il reddito di inclusione, spiega il ministro Poletti. Per l’anno prossimo si punta “a un raddoppio” delle risorse – 1,5 miliardi – così da coprire pressoché tutta la platea dei minorenni in condizione di povertà assoluta (oggi sono circa un milione), passando così dal 40 al 100%. Per il 2017 è già stato stanziato un miliardo di euro. Il Sia dunque come prima tappa per l’attuazione del Piano nazionale di lotta alla povertà e all’esclusione sociale.
Il beneficio sarà concesso bimestralmente, per un ammontare pari a 80 euro mensili per membro, per un massimo di 400 euro nel caso di nuclei con 5 o più componenti. Per ottenere il beneficio bisognerà soddisfare determinati requisiti economici (Isee inferiore o uguale a 3 mila euro) e familiari (presenza almeno di un minorenne, oppure di un figlio disabile o ancora di una donna incinta). Inoltre occorrerà aderire a un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa, una sorta di accompagnamento per uscire dalla condizione di povertà. Quindi le famiglie saranno chiamate a impegnarsi nella ricerca di un lavoro, ma anche nel raggiungimento di obiettivi di istruzione (frequenza scolastica) o sanitari (vaccinazione). Sarà valutata la situazione di ciascuno, assegnando un punteggio a seconda dei carichi familiari e dei redditi.
“Si adotterà una scala di valutazione del bisogno per raggiungere i più bisognosi superando l’approccio categoriale”, spiega Poletti. Il primo passo è appunto l’estensione a tutto il territorio nazionale del Sia, a partire da settembre (il decreto interministeriale è stato pubblicato ieri in Gazzetta ufficiale, 12 articoli in tutto). Poi il reddito di inclusione, previsto nel disegno di legge delega sulla povertà e da attuare con i decreti delegati, di cui il Sia anticipa alcuni contenuti essenziali. “C’è un quadro d’interventi utili per le persone in condizione di fragilità: lottiamo contro povertà economica, educativa e alimentare”, insiste Poletti. “Inutile dare soldi da Roma in tutta Italia senza conoscere le realtà. Fondamentale il dialogo capillare con i territori e i Comuni“.
Valentina Conte, La Repubblica