«L’accordo con Apple è solo l’inizio. Siamo in contatto con altre multinazionali, in primis Cisco, che vogliono venire a investire a Napoli e in Campania». Gaetano Manfredi, rettore della Federico II e presidente della Crui (la Conferenza dei rettori delle Università italiane), è uno dei principali artefici del patto con l’azienda di Cupertino.
Perché Apple ha scelto Napoli?
«Tutto è partito dall’incontro tra il premier Renzi e l’amministratore delegato di Apple Cook, che hanno identificato Napoli come luogo ideale per accogliere la prima iOS Developer Academy in Europa. Da quel momento c’è stata una lunga fase di confronto e discussione, scandita da numerosi sopralluoghi, prima dell’intesa definitiva».
Investimenti del genere non vengono mai avviati al buio. Quali garanzie vi ha chiesto l’azienda di Cupertino?
«Che, accanto al loro impegno, ci sia un investimento anche da parte delle istituzioni del territorio, che gli enti pubblici locali condividano i loro percorsi didattici e che si proceda in tempi rapidi e senza intoppi. Su questi aspetti ci siamo trovati subito d’accordo. Fin dall’inizio si è creato un certo feeling».
Tra le location si era presa in considerazione anche Bagnoli, ma alla fine si è optato per San Giovanni a Teduccio. Ancora troppi rischi e incertezze nella zona occidentale di Napoli?
«Il dipartimento di Ingegneria della Federico II è presente, com’è noto, in diversi punti della zona ovest, da Fuorigrotta ad Agnano, ma è stato determinante il fatto che a San Giovanni ci fosse un complesso utilizzabile immediatamente mentre l’area ex Nato necessita di una serie di lavori. E poi ad Apple è piaciuta molto l’idea di avere nello stesso luogo spazi destinati alla didattica, alla formazione e alla ricerca nonché spazi occupati dalle start up. Il progetto del polo di San Giovanni è nato proprio per questo scopo ai tempi dei miei predecessori, Fulvio Tessitore e Guido Trombetti, e si è realizzato oggi grazie anche all’impegno di docenti come Edoardo Cosenza e Giorgio Ventre. Sarà, insomma, una grande fabbrica di creatività».
A proposito di creatività: secondo gli esperti di Apple la si favorisce anche attraverso una visione diversa e innovativa degli spazi.
«Proprio così. Apple punta ad organizzare la didattica in ambienti diversi, che consentano a grandi e piccoli gruppi di studenti di seguire le lezioni ma anche di applicare praticamente ciò che imparano. Per questo ci hanno chiesto di abbattere alcune pareti. Nessun problema. Del resto molti ambienti non sono ancora stati arredati e dunque non sarà difficile effettuare questi interventi».
In concreto, come saranno organizzate le lezioni?
«I corsi partiranno ad ottobre. Ci sarà un primo gruppo di cento studenti, ma l’obiettivo è raddoppiare il numero di allievi già nel primo anno accademico. A regime saranno fra 400 e 600. L’accordo, triennale, è automaticamente rinnovabile».
Che tipo di interazione ci sarà tra questi studenti e le attività dell’Ateneo?
«La sfida è garantire ampia flessibilità e una costante interazione. Immaginiamo, ad esempio, un sistema che garantisca il riconoscimento di crediti formativi universitari a coloro che frequenteranno i corsi Apple».
A fronte di poche centinaia di posti ci saranno migliaia di aspiranti. Con quali criteri verranno selezionati i partecipanti?
«La nostra stella polare è il merito, saremo inflessibili. Stiamo già lavorando con Apple per stabilire una procedura di selezione che consenta di individuare i migliori talenti in tutta Europa. Oltre alla preparazione sarà fondamentale la predisposizione verso il mondo dell’innovazione e dell’industria 4.0. Per questo gli aspiranti dovranno affrontare un test di preselezione e un colloquio motivazionale. Avvieremo le selezioni ad agosto, poi tireremo le somme. Siamo convinti che gli studenti napoletani potranno giocarsela fino in fondo e a testa alta con i loro colleghi che dal resto dell’Europa proveranno a conquistare un posto nell’Apple Academy».
Quali prospettive avranno i prescelti al termine dei corsi?
«Di certo non forme di impiego tradizionale. Chi affronterà e completerà questo percorso potrà diventare uno sviluppatore di app, certificato da Apple, o dar vita ad una start up nell’universo delle tecnologie digitali».
Può un polo universitario, come quello costruito a San Giovanni, fare da volano per il rilancio di un quartiere? Oppure, nonostante la presenza di Apple, rischia di essere una cattedrale nel deserto?
«È un’occasione cruciale per tutta l’area. Gli abitanti di San Giovanni ne sono consapevoli e infatti in questi mesi abbiamo potuto contare sul loro sostegno e sulla loro vicinanza. Qualcosa si sta già muovendo: attorno all’Università sono già spuntati i primi bar e ristoranti. E presto arriveranno altre imprese, anche dall’estero».
Intanto proseguono i lavori per completare il complesso universitario. A che punto siete?
«Le gare sono in corso. Costruiremo altre aule e nuovi spazi saranno dedicati a start up e spin off. Una parte del polo accoglierà il Cnr. La filosofia è sempre la stessa: il giusto mix tra formazione, ricerca avanzata e lavoro».
La Federico II è in prima linea. E le altre istituzioni del territorio?
«Il risultato che abbiamo ottenuto è frutto del gioco di squadra. La presidenza del Consiglio ci è stata accanto fin dall’inizio; con la Regione c’è un’interlocuzione molto positiva tant’è che la giunta De Luca è pronta a finanziare una serie di borse di studio; il Comune ha mostrato grande disponibilità sui temi strategici, dalle infrastrutture al trasporto pubblico. Solo con la collaborazione istituzionale, unendo le forze nell’interesse della città, si possono centrare traguardi del genere. È stato un metodo valido ed efficace che, ritengo, dovrà essere adottato anche in futuro per vincere altre importanti sfide».
Il Mattino