Quando ha capito che non avrebbe ereditato l’azienda di famiglia, si è inventato un nuovo mestiere: investe in un’impresa, la rivaluta e ne esce con plusvalenze. Così è anche tornato per sei anni alla guida della storica insegna della Gdo. E ora riprova con Gs Retail
Da bambino, negli anni ’70, le commesse della Rinascente di Piazza Duomo facevano a gara per coccolarselo. E non solo perché era il figlio del presidente Ferdinando Borletti. Il piccolo Maurizio, classe 1967, era biondino, bello e con gli occhi chiari ma soprattutto suscitava un’istintiva simpatia. “In realtà è un seduttore nato”, avrebbe dichiarato 40 anni dopo a Le Monde il suo amico Michel Bernardeau, numero uno delle porcellane Bernardeau, riferendosi all’abilità con cui Maurizio Borletti coinvolge nei suo progetti imprenditori e finanzieri di tutta Europa. Un giudizio confermato dalla fresca acquisizione di Grandi Stazioni Retail, la società che gestisce gli spazi commerciali delle 14 maggiori stazioni ferroviarie italiane per 953 milioni di euro. Ma soprattutto un deal pilotato da Borletti alla guida di una cordata che comprende i due fondi francesi Antin e Icamap.
La Rinascente è rimasta nel cuore di Maurizio che fra il 2005 e il 2011 ne è stato anche lui il presidente coordinando un gruppo di partner che comprendeva Pirelli Real Estate, Deutsche Bank e Investitori Associati. Da piccolo, però, gli piacevano di più le visite alla Borletti di via Washington, allora periferia milanese e oggi graziosa zona residenziale, nella fabbrica dove si producevano tachimetri e componentistica auto. Maurizio si sedeva alla scrivania del papà e sognava. Gli sembrava naturale che prima o poi si sarebbe occupato dell’azienda paterna. Le cose, però, avrebbero preso un’altra piega. Nel 1985 Ferdinando Borletti, senza consultare la famiglia, vende la fabbrica alla Fiat. Maurizio che aveva 18 anni ci rimase male. “La mia”, dice, “è la prima generazione di Borletti che non ha ereditato un’azienda da gestire”. L’amarezza è tanta ma poi Maurizio capisce: “Col senno di poi ho compreso che mio padre ha avuto ragione a vendere”. La Borletti, infatti, non aveva le risorse finanziare per fare il salto nell’elettronica che presto avrebbe monopolizzato la componentistica auto. Meglio cederla e capitalizzare.
Se il Dna conta qualcosa, in quello di Maurizio Borletti ci sono 140 anni d’imprenditoria. Tutto inizia nel 1875 quando il bisnonno Romualdo, non ancora trentenne (era nato nel 1847) acquista una serie di aziende e le fonde nel “Linificio e canapificio nazionale” creando così la più grande società tessile d’Europa. Nel 1896, dopo aver passato sei mesi negli Stati Uniti per procurarsi la tecnologia Romualdo fonda la Borletti & Pezzi, la prima fabbrica italiana di orologeria. Un’azienda che avrebbe attraversato il ‘900 producendo sveglie, spolette per le bombe durante la prima guerra mondiale quindi macchine per cucire fino al 1969 (“Borletti punti perfetti”, ripeteva lo slogan nella pubblicità) e componentistica auto. Passano gli anni e nel 1917 due degli undici figli di Romualdo cioè Senatore Borletti di nome e di fatto (diventerà senatore a vita nel 1929) e Aldo, il nonno di Maurizio, rilevano dai fratelli Bocconi i grandi magazzini “Alle città d’Italia” che, su suggerimento di Gabriele D’Annunzio, cambiano nome in “La Rinascente”.
Senatore era un personaggio esuberante: s’ispira alle Galeries Lafayette di Parigi e punta da subito sulla fascia alta del mercato ottenendo uno strepitoso successo. Ma non basta: compra il Secolo di Genova e ne affida la stampa a Arnoldo Mondadori quindi nel 1927, assieme ai Pirelli è uno dei fondatori dell’Ifi, la holding della famiglia Agnelli. La saga dei Borletti è lunga è complessa. Ricordiamo Ferdinando, fratello di Senatore che sposa Virginia Monzino e con i due cognati Italo e Franco Monzino, ex manager della Rinascente, fonda la Standa, il più agguerrito concorrente della Rinascente stessa. Mentre alla fine della seconda guerra mondiale la generazione successiva è rappresentata dai cugini Romualdo (figlio di Senatore) detto “Micio” e da Senatore Junior (figlio di Aldo) soprannominato “Cicci”. Micio si occuperà della Rinascente mentre Cicci sposa Nella Cosulich, erede di un importante pacchetto delle Generali di cui diventa vicepresidente. In seguito sarà Ferdinando, il padre di Maurizio nonché fratello minore di Senatore junior, a ricoprire i ruoli manageriali più rilevanti.
E’ dunque in questa cornice famigliare che sboccia la vocazione imprenditoriale del giovane Borletti. L’occasione la offre il cugino francese Aldo Bouilhet, figlio della zia Carla Borletti e di Tony Bouilhet, il proprietario di Christofle, marchio di gran lusso, conosciuto in tutto il mondo per le splendide posate e gli oggetti per la tavola in argento. Nel 1993 Aldo chiede aiuto a Maurizio per salvare l’azienda che stava affondando e lui si getta a capofitto nella nuova avventura rilevando la quota di controllo della società e imbarcando in seguito altri soci dopo aver negoziato con banche, fornitori e sindacato. Quando Maurizio arriva a Saint Denis ha 26 anni e una laurea alla Bocconi. Da allora, pur mantenendo stretti legami con l’Italia, la sua casa sarà a Parigi. Il “benvenuto” in Francia è scioccante: gli operai in sciopero lo sequestrano per tre giorni dentro la fabbrica. A liberarlo dopo una laborioso negoziato sarà il sindaco comunista della cittadina francese. Il giovane Borletti non perde tempo e adotta un piano industriale che fa perno sulla creazione di una fitta rete di negozi monomarca. La cura funziona: nel giro di due anni la società torna in attivo e quando nel 2003 Maurizio esce cedendola al gruppo mediorientale Chalhoub il fatturato è raddoppiato.
A partire da Christofle Borletti affina il metodo che utilizza tuttora per le sue operazioni. Il punto di partenza è una visione nuova e spiazzante del business che si vuole acquistare. Nel caso di Grandi Stazioni Retail, ad esempio, è l’idea di aumentare utili e fatturati trasformando le stazioni stesse nel luogo più attraente della città sia per i viaggiatori sia per gli abitanti. Una sfida che fa perno su una partnership forte con Ferrovie per raddoppiare lo spazio adibito alle attività commerciali. E quindi “battere” le previsioni del management di Grandi Stazioni che prevede di raddoppiare l’ebitda da 50 a 100 milioni nell’arco di 5 anni. In tutti i suoi deal il giovane manager disegna un piano industriale che sottopone ai suoi coinvestitori. Conclusa l’acquisizione Borletti individua e supporta il management che guiderà l’impresa. Ma non la gestisce in prima persona.
Nel 2005 Maurizio fonda Borletti Group in partnership con Paolo De Spirt, ex amministratore delegato di Ungaro, un passato come manager di punta di Ferragamo e nell’Investment Banking di Deutsche Bank. Ed è proprio con Borletti Group, una boutique di una quindicina di persone, operante anche nell’asset management e nell’immobiliare, che da allora in poi saranno perfezionate tutte le operazioni. A cominciare dalla Rinascente in cui entra con il 4% per uscire poi nel 2011 assieme agli altri soci quadruplicando il valore dell’investimento. L’addio alla Rinascente non è stato facile per Maurizio che, anche per una questione sentimentale, avrebbe voluto restare al timone dell’azienda che fu per tanti anni della sua famiglia. Ma gli altri investitori sono irremovibili e la società passa al fondo tailandese Central Retail Corporation.
Il resto del percorso è tutto in discesa. Nel 2006 Borletti Group acquista i grandi magazzini francesi Printempes assieme ai fondi immobiliari di Deutsche Bank soffiandoli alla famiglia Moulin che controlla i concorrenti di Galeries Lafayette. La partecipazione è stata rivenduta nel 2013 a un prezzo sei volte superiore a quello d’ingresso. Secondo alcune fonti il Fondo acquirente, vicino alla famiglia reale del Qatar, avrebbe pagato 1,7 miliardi di euro per il 100% della catena. Mentre nel 2008, in cordata con Goldman Sachs, Generali e Prelios vengono acquisiti gli immobili commerciali del gruppo Karstadt. Prezzo dell’operazione: 4,5 miliardi. A questo proposito Maurizio Borletti ha rivelato che restano ancora da vendere immobili per un valore stimato in circa 800 milioni. La ciliegina rossa sulla torta di Borletti Group è un Centro Commerciale da 25 mila metri quadrati con 100 negozi per 100 milioni di investimento. E’ ubicato a San Marino, ha un bacino potenziale di 9 milioni di consumatori e sarà pronto nel 2018 dopo che la popolazione dello Stato del Titano ne ha approvato l’insediamento con un referendum.
Giorgio Lonardi, Affari e Finanza