A breve l’Antitrust chiuderà l’istruttoria avviata nei confronti di Telecom per Tim Prime. La società, dopo la nostra denuncia (1) e l’avvio dell’istruttoria da parte dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato (2) ha rinunciato all’attivazione di Tim Prime (3) salvo poi rilanciarla in nuova salsa, con il nome di Tim Prime Go. Abbiamo denunciato all’Antitrust anche questa nuova “versione” di Tim Prime (4), per tentare di eludere i divieti normativi di attivazione di servizio non richiesto. L’accanimento del gestore è ben spiegato dai numeri dell’operazione, che portano a cifre da capogiro. L’attivazione di Tim Prime era infatti prevista su un numero ricompreso fra 10.000.000 e 30.000.000 milioni di utenze mobili ricaricabili. Facciamo due conti in tasca alla società, e per difetto consideriamo che si tratti del numero minimo di utenze, 10.000.000: al mese, l’operazione Tim Prime nella nuova “versione Go” (49 centesimi al mese, cioè 1,96 euro ogni 4 settimane) porterà nelle casse della società la ragguardevole cifra di euro 19 milioni e 600 mila al mese.
Tim Prime in “versione GO” viene proposto come una modifica contrattuale, un nuovo piano tariffario, ma piano tariffario non è, non ha costi di chiamata, invio messaggi o connessioni dati. E di per sé non offre servizi aggiuntivi, almeno non in prima battuta. I 49 centesimi a settimana sono richiesti a prescindere, anche se non si attivano i vantaggi pubblicizzati da Tim. Notare che l’attivazione dell’esborso è automatica e senza consenso preventivo, mentre per usufruire dei vantaggi occorre il consenso e la richiesta del cliente (ammesso che interessino). Questo è cavillo da azzeccagarbugli: se non offro un servizio è una modifica contrattuale, starà poi al cliente decidere se attivare i vantaggi dell’offerta…
E cosa fare se non voglio Tim Prime Go? Posso recedere dal contratto, passare ad altro operatore, o “rinunciare” a Tim Prime Go scegliendo un piano base Tim diverso da quello che già avevo (al costo di 0,29 euro a minuti di chiamata). Altro cavillo a correzione dell’errore fatto da Vodafone con Vodafone Exclusive (5), Tim non si limita a consentire al cliente di rinunciare, ma in caso di rinuncia prevede comunque una indiretta modificazione nei costi che sostiene l’utente, che se rinuncia non potrà più mantenere il suo vecchio piano tariffario base.
Per questi motivi abbiamo chiesto all’AGCM (6) di superare i cavilli formalistici e guardare alla sostanza dell’operazione commerciale, il cui scopo è da una parte attivare servizi non richiesti e dall’altra reintrodurre un facsimile dei costi fissi di ricarica, di cui ci eravamo liberati nel 2007 con il decreto Bersani.
Già perchè il bello delle sim ricaricabili è che se non le usi non paghi, se le usi poco paghi poco e se le usi tanto paghi tanto. Con questa operazione TIM introduce un costo fisso, che gli garantisce quasi 20 milioni di euro al mese anche se il titolare della sim non la usa quasi mai.
Un bel bottino, non c’e’ che dire.
Auspichiamo che l’Antitrust inibisca questa pratica commerciale e la sanzioni con fermezza. Il rischio in caso contrario è che a breve tutti gli altri gestori emuleranno TIM (e che, son fessi loro?) reintroducendo costi fissi per il possesso di una sim ricaricabile, in barba al decreto Bersani e alla tanto plaudita abolizione dei costi di ricarica.
Ai nostri utenti, come sempre, suggeriamo di prestare grande attenzione agli SMS che riceveranno da Tim nei prossimi giorni e, se non interessati all’attivazione di Tim Prime Go, appena ricevuto il messaggio consigliamo di:
– disattivarlo subito;
– inviare, via pec o a mezzo raccomandata AR una lettera di diffida (7);
– inviare una segnalazione all’Antitrust (8);
– Inviare una segnalazione all’Agcom (9);
– tenerci aggiornati su quanto accade (10).
Emmanuela Bertucci, legale Aduc