Un’estate fa fu infernale per i 400 dei 4800 giornalisti partecipanti al Concorsone Rai, quello indicato dal dg Rai Campo Dall’Orto come il simbolo della trasparenza di Viale Mazzini. Con una commissione super competente capitanata da Ferruccio de Bortoli. Ma alla fine in 105 sono riusciti a entrare in graduatoria con la promessa di essere chiamati dalla Tv di Stato in tempi brevi. Era il 19 ottobre 2015. Chi aveva già un lavoro avvisò che presto sarebbe andato via, compromettendo i buoni rapporti.
Quel presto si è trasformato in mesi e mesi di silenziosa attesa. Soltanto in questi giorni (8 mesi dopo) la Rai ha cominciato a chiamare i primi. Il ritardo è stato spiegato dal dg come necessario per studiare i profili dei vincitori e non disperdere il patrimonio. Ma il dg non aveva fatto i conti con l’Usigrai, il sindacato interno che è riuscito a convincere l’azienda sulla necessità di rinforzare le sedi regionali, anche quelle più sperdute. Alla faccia del patrimonio.
Ed ecco che 98 dei 105 giornalisti in graduatoria finiranno nelle sedi distaccate. Stanno arrivando mail in cui si chiede loro di indicare tre sedi gradite entro 24 ore e la mancata accettazione significherebbe l’esclusione dalla graduatoria. Peggio di una pistola alla nuca. Dopo aver aspettato 8 mesi nel limbo. Tra l’altro i giornalisti rischiano danni economici con l’azienda di appartenenza per il mancato preavviso stabilito dal contratto.
Su 105 solo 8 sono stati assegnati a testate nazionali. Il vincitore Giacomo Segantini al Tg1 come giusto che sia, assieme ad altri. Chi è andato a Raisport, chi all’ufficio stampa. Tg2, Tg3, RaiParlamento hanno invece preferito pescare tra gli interni che avevano chiesto di cambiare aria. Ma c’è anche da segnalare il primo rifiuto: Marco Piccaluga ha preferito restare a SkyTg24, rifiutando l’offerta della Rai.
Marco Castoro, Il Fatto Quotidiano