La proposta della Commissione prevede l’eliminazione del tetto orario alla pubblicità. Costa: ulteriore squilibrio a discapito della stampa
Gli editori italiani sono «seriamente preoccupati» per la proposta della Commissione europea che all’interno della revisione della direttiva sull’audiovisivo prevede di eliminare i tetti orari alla pubblicità tv, per lasciare soltanto un tetto giornaliero, garantendo così ai broadcaster la libertà di piazzare gli spot quando meglio credono.
Lo afferma il presidente della Fieg Maurizio Costa, parlando di un provvedimento che sarebbe «fortemente penalizzante per l’editoria quotidiana e periodica».
«In un paese in cui c’è già un forte sbilanciamento del mercato a favore della tv», dice Costa, «l’eliminazione del tetto orario potrebbe determinare un ulteriore squilibrio nella distribuzione delle risorse». La proposta della Commissione (si veda ItaliaOggi di ieri) prevede che ci sia un unico limite del 20%, dalle 7 alle 23, alla trasmissione di spot e non più il tetto orario sempre del 20% (12 minuti). Da vedere, però, come questa bozza sarà accolta dal Consiglio e dal Parlamento europeo. «Per ora l’allentamento dei limiti è solo un’ipotesi», continua Costa, «comunque se passasse così com’è determinerebbe un affollamento nelle fasce di prime time, ovviamente maggiormente appetibili, a scapito anche degli altri mezzi. Peraltro, la motivazione che viene addotta è che questa misura servirebbe a supportare e difendere le televisioni penalizzate dalla pervasività degli over the top. Questa è una cosa vera per le tv ma ancora di più per i giornali e i periodici che sono già fortemente penalizzati dagli over the top e così lo sarebbero ulteriormente».
La Fieg è ovviamente al fianco delle associazione degli editori europei di cui fa parte: l’Enpa (quotidiani), il cui presidente è Carlo Perrone, e l’Emma (periodici). Mercoledì, dopo la presentazione della proposta, Enpa ed Emma hanno diffuso una nota in cui dicevano di essere «fortemente preoccupate» sul possibile cambiamento: «I limiti correnti non sono stati posti soltanto per scopi di protezione dei consumatori ma anche perché permettono un mercato della pubblicità maggiormente bilanciato, dove una pluralità di media può coesistere con successo». La flessibilità sulla programmazione dei break, continuano le associazioni, «renderà il finanziamento di quotidiani e periodici più difficoltoso, specialmente per quanto riguarda l’investimento in contenuto giornalistico professionale ma anche per quanto riguarda l’occupazione».
Altra critica di Emma ed Enpa riguarda la possibilità che sezioni video dei siti di news siano assoggettate alla direttiva sui servizi di media audiovisivi anziché a essere regolate dalle norme sui servizi di informazione. La proposta, infatti, prevede che i video a corredo dei pezzi e a completamento della missione informativa siano trattati come contenuto editoriale (a cui è garantita la libertà di stampa), mentre le sezioni di video slegate dal resto del giornale siano alla stregua degli altri servizi audiovisivi e quindi soggetti a queste ultime regole.
Italia Oggi