L’opera di Terna che collega Calabria e Sicilia sarà inaugurata domani, con un anno di ritardo
L’opera avrebbe dovuto essere inaugurata un anno fa. Facendo risparmiare alle bollette degli italiani oltre 600 milioni di euro. Invece, c’è voluto un doppio ricorso in Cassazione per sbloccare il cantiere, congelato dai ricorsi e da una indagine per presunte violazioni alle norme paesaggistiche. Per altro approvate dopo che erano già state concesse tutte le autorizzazioni del caso. E a causa di un solo pilone, “colpevole” di rovinare la vista da un colle che domina lo Stretto.
Così, l’inaugurazione – già prevista per l’estate scorsa – avverrà soltanto domani: un evento che giustifica persino la presenza del premier Matteo Renzi. Sarà lui a schiacciare il bottone che – a 12 anni dall’inizio dei lavori – metterà in esercizio il nuovo cavo sottomarino (300 metri di profondità) che collega le linee elettriche tra Calabria e Sicilia. Un’opera costata circa 700 milioni, portata a compimento dai tecnici di Terna, la società che gestisce la rete ad alta tensione italiana, di cui è socio di maggioranza la Cassa depositi e prestiti.
Non che Sicilia e Calabria non fossero già collegati. C’è un vecchio cavo sottomarino sotto lo Stretto. Ma quello nuovo gira più a Nord, per evitare le correnti e dispersione di elettricità. Oltre a essere nettamente più potente e, quindi, a convogliare un maggior flusso di elettricità in direzione Sud. Perché l’opera – la Sorgente-Rizziconi, dal nome dei due Comuni collegati tra le sponde – non servirà solo alla Sicilia, ma un domani potrebbe rivelarsi essenziale per un “ponte” tra Europa e Africa, da dove potrebbe arrivare parte dell’energia che verrà prodotta dai grandi impianti solari di cui si stanno dotando i paesi delle coste sud del Mediterraneo.
Ma andiamo con ordine. Il nuovo cavo farà risparmiare soldi in bolletta degli italiani e consentirà di produrre meno Co2: perché, al momento, il vecchio cavo non permette il “dispacciamento” con regolarità dell’elettricità dalla Calabria alla Sicilia. E la vecchia rete dell’isola non è in grado di reggere il peso dell’energia prodotta dagli impianti rinnovabili. Questo significa che la Sicilia è un’isola a sé stante anche dal punto di vista energetico: il fabbisogno è così soddisfatto per lo più da due sole centrali, di cui una ad olio combustibile. E una parte dell’energia rinnovabile prodotta non viene, di fatto, utilizzata.
Così l’energia prodotta in Sicilia ha un costo “industriale” più alto. Oltre al fatto che per le rinnovabili vengono pagati incentivi in bolletta, ma senza riceverne in cambio tutti i benefici possibili: ci sono stati giorni negli ultimi anni in cui eolico e solare hanno coperto quasi il cento per cento del fabbisogno. Tradotto in cifre, ogni anno di ritardo nella realizzazione del Sorgente-Rizziconi – agli italiani è costato 600 milioni. Un po’ meno nell’ultimo anno, ma solo perché un decreto del ministero dello Sviluppo economico ha imposto un prezzo calmierato per evitare speculazioni. Da domani non servirà più.
Repubblica