Le regole auree delle più grandi redazioni del mondo
Lampada bassa, sigaretta all’angolo della bocca, occhio contratto per la spirale di fumo, anzi per spirito autocritico verso l’inizio dell’articolo che non convince… foglio appallottolato, dentro un altro nel rullo della macchina per scrivere, a cercare un attacco più efficace. Questo è il fotogramma di ieri: i giornalisti più giovani l’hanno visto solo al cinema, qualcuno se n’è innamorato al punto di voler fare il mestiere in un tempo pur difficile per l’editoria. Luci dell’open space, ronzio dei pc, i caratteri che si compongono veloci sul video no, l’attacco è banale, mela A, tasto cancella, meglio ricominciare. Poco è cambiato, dunque, rispetto a vent’anni fa nel momento critico, quando si mettono le mani sulla tastiera: bisogna appassionare subito il lettore (e prima di lui il caporedattore), sintetizzare le dichiarazioni rispettando il contesto, evitare cliché, scegliere verbi precisi e non usare frasi fatte, tenere conto delle leggi sulla stampa e della privacy… Praticanti e aspiranti giornalisti si accorgono presto che saper scrivere per un giornale, o per altri media, non è dote innata. Ieri come oggi bisogna seguire regole talvolta minuziose e qualche piccolo trucco per farsi meglio capire e per trasformare un testo, in cui ciascuno mette creatività, letture, studi, fiuto, e una piccola dose di vanità, in quell’informazione precisa, incisiva, che distingue le testate migliori. Grammatica del giornalismo. Come si scrive per i media, scritto da Luciano Santilli e appena uscito con l’editore fiorentino goWare (304 pagine, www.goware-apps.com/), in formato digitale o print on demand, mostra come si può comunicare con più chiarezza e concisione, nei giornali come nei nuovi media. L’autore ha iniziato a Panorama (direttore Lamberto Sechi), è stato capo della redazione romana del Mondo (direttore Paolo Panerai), inviato e caporedattore dell’Europeo (direttore Claudio Rinaldi), responsabile delle riviste Next (tecnologia) e Web, direttore responsabile dei siti internet Mondadori, vicedirettore di Panorama, e adesso è alla guida di Capital, gruppo Class Editori. Con Grammatica del giornalismo Santilli si propone di trasmettere ai colleghi più giovani, compresi quelli di siti e social media, gli accorgimenti che rendono lineare un testo senza imbalsamarne lo stile: oltre a controllo delle notizie e delle fonti, inizio e struttura degli articoli, costruzione della frase. Non bastano il bello scrivere, la caccia al sinonimo, l’aggettivo elegante, una testata ha pure bisogno di omogeneità per abbreviazioni, accenti, didascalie, nomi geografici, presentazione dei sondaggi e dei verbali. Si scrive con precisione, ricordando che «mano a mano» è sgrammaticato e a mano a mano corretto; che «Montenapoleone» è sciatto e Monte Napoleone il vero nome che compare sulla targa della strada milanese; che è corretto 9.30 e non «9,30» perché i minuti non sono decimali; che l’apostrofo non deve sostituire l’accento, e viceversa Anche queste e mille altre avvertenze (corrispondenti a oltre mille voci del manuale) fanno la differenza qualitativa. Del resto regole e convenzioni compaiono nella Style Guide dell’Economist, nello Stylebook dell’Associated press, nel Manual of Style and Usage per i redattori del New York Times; in Das Zeug zum Schreiben del Frankfurter Allgemeine Zeitung e in altri fra i migliori volumi del genere che l’autore ha consultato. Le notizie non bastano più, sono una materia prima debordante, magari messe insieme da algoritmi su internet. Il futuro del giornalismo di qualità è la selezione e la trasformazione accurata dell’informazione materia prima in valore aggiunto per chi legge e per chi pubblica giornali. C’è bisogno di suggerimenti concreti a praticanti e giornalisti giovani, spesso lasciati a se stessi, perché scarseggia il tempo ai colleghi esperti che un tempo potevano fare da nave scuola. Grammatica del giornalismo suggerisce alcuni parametri di scrittura per evitare errori e stereotipi che si diffondono soltanto perché rimbalzano fra giornali, tv, radio, internet, blog, social network. Santilli, che è stato più volte tutor per giovani colleghi, cercando di trasmettere criteri di comunicazione efficace imparati da nomi che hanno fatto la storia del giornalismo di questi decenni, sentiva di avere un debito. Ha cercato di ripagarne almeno una parte.