La Procura di Arezzo intende verificare perché l’autorità nel 2013 abbia dato parere favorevole all’emissione delle obbligazioni subordinate che ora non valgono più nulla. Lunedì il presidente Vegas si è difeso sostenendo che i documenti erano completi e trasparenti. Ora fa sapere: “Non è escluso che possano esserci delle sanzioni”. Codacons: “Anni luce di ritardo, buoi sono scappati”
Il procuratore di Arezzo Roberto Rossi, nell’ambito dell’inchiesta per truffa ai danni degli ex obbligazionisti subordinati di Banca Etruria, indaga anche sull’operato della Consob. Che nel 2013 ha dato il via libera alla vendita dei bond che ora non valgono più nulla ai clienti retail dell’istituto, nonostante nel prospetto informativo non ci fossero tutte le indicazioni necessarie per comprenderne il livello di rischio. Il nuovo fronte si affianca agli accertamenti sulla “cabina di regia” che ha ordinato di offrire ai piccoli risparmiatori ignari obbligazioni il cui rimborso non era sicuro ma di cui la banca – a quel punto già “travolta in modo irreversibile” da “progressivo degrado”, secondo Bankitalia – aveva assoluto bisogno per rafforzare il proprio capitale. Peraltro il collocamento, stando al nucleo tributario della Gdf aretina, è avvenuto falsificando i profili redatti ai sensi della direttiva europea Mifid per renderli compatibili con investimenti rischiosi. E indicando nei documenti che solo una piccola percentuale del capitale del cliente era impiegata in quegli strumenti, quando invece si trattava dell’80-90%. L’autoassoluzione di lunedì e la reazione di Zanetti: “Fa imbestialire” – La notizia della presunta “copertura” garantita a Etruria da parte della Consob, riportata da Corriere della Sera e Messaggero, arriva a due giorni dall’autoassoluzione del numero uno dell’authority, Giuseppe Vegas, che nella sua relazione annuale al mercato ha sostenuto che i prospetti di quegli strumenti finanziari erano “stati redatti nel rispetto delle regole di trasparenza previste dalle norme sul prospetto informativo” e “hanno dato massima evidenza a tutti i fattori di rischio connessi alla complessità degli strumenti e alla situazione in cui versavano le banche”. Salvo poi ammettere che il prospetto “rimane un documento troppo lungo e complesso per poter essere letto e pienamente compreso dal risparmiatore” e “un eccesso di informazione equivale quasi sempre ad una carenza di informazioni”. Affermazioni che martedì hanno provocato la reazione del viceministro all’Economia Enrico Zanetti, secondo cui “chi siede nelle istituzioni non deve tirare la corda con autoassoluzioni e affermazioni buone per far imbestialire anche le persone ragionevoli“. A poco è valsa la mezza smentita di Vegas che ha chiarito di “non aver mai detto” che i truffati da Pop Etruria, Banca Marche, Cariferrara e Caricheti erano ben informati dei rischi.
Sullo sfondo l’eliminazione degli scenari probabilistici, che sintetizzavano il rischio di perdere tutto – Secondo il quotidiano di via Solferino, Rossi ha delegato alla Guardia di Finanza il compito di “verificare come mai sia stato concesso ugualmente il via libera alla collocazione delle subordinate sul mercato”, visto che nel prospetto non era indicata con chiarezza, o perlomeno non in modo comprensibile per un piccolo risparmiatore non addetto ai lavori, la percentuale di rischio. Percentuale, occorre ricordare, che in passato era indicata in modo chiaro nei cosiddetti scenari probabilistici, che la stessa Consob però a partire dal 2009 ha mandato in soffitta eliminando così un efficace indicatore sintetico della probabilità di guadagnare o perdere su un titolo. La Procura, stando a quanto emerso, intende dunque indagare anche su questo e non limitarsi ad accertare le responsabilità degli sportellisti delle filiali che hanno materialmente venduto i titoli ai clienti, degli ex vertici della banca e dei due alti funzionari – iscritti nei giorni scorsi nel registro degli indagati – che hanno scritto le circolari in cui si disponeva di piazzare le subordinate a “un pubblico indistinto” e non agli investitori istituzionali. I quali avrebbero presumibilmente preteso rendimenti ben superiori alla cedola del 3,5% pagata da quei titoli. Quel supplemento di dicembre e i due giorni per esercitare il diritto di revoca – Riguardo all’emissione di bond decisa dall’Etruria nel 2013, va anche ricordato che l’autorità responsabile di tutelare il mercato e i risparmiatori, dopo aver approvato il prospetto dell’aprile 2013, a dicembre dello stesso anno – alla luce di un’informativa di via Nazionale con pesanti rilievi sulla situazione della banca – chiese la pubblicazione di un supplemento. Mossa che consente agli investitori di revocare l’ordine di acquisto fatto in precedenza. Peccato che Consob abbia concesso ai clienti dell’Etruria solo due giorni a cavallo delle festività natalizie per ripensarci. Vegas non demorde: “Fatto nostro dovere” – “Non siamo assolutamente preoccupati, abbiamo sempre fatto il nostro dovere e stiamo verificando anche noi quello che è successo nel collocamento. Non è escluso che possano esserci delle sanzioni nei confronti della banca”, è stato il commento di Vegas. Finora, le uniche multe a carico degli ex vertici dell’istituto sono arrivate dalla Banca d’Italia. “Il problema vero non è il prospetto in sé ma come vengono collocati i titoli”. E “Consob ha messo in campo diverse iniziative” per farvi fronte. “La Consob avrebbe fatto bene ad agire molto tempo fa, accogliendo le diffide presentate dal Codacons a partire dal 2013 nelle quali si paventavano già i possibili rischi per gli obbligazionisti delle 4 banche”, ribatte in una nota è il presidente dell’associazione dei consumatori, Carlo Rienzi, sottolineando che “il presidente della Consob Giuseppe Vegas arriva anni luce in ritardo, e sembra voler chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati“. Parlare ora di multe legate al collocamento di titoli “appare tardivo e di certo poco utile, considerando che se gli enti preposti, ossia Bankitalia e Consob, avessero agito per tempo, i risparmiatori delle quattro banche molto probabilmente oggi sarebbero salvi e non avrebbero visto azzerati tutti i propri risparmi”, conclude Rienzi.
Il Fatto Quotidiano