Ho avuto la grande di fortuna di esser nato in un mondo molto diverso da quello attuale. Ho aperto gli occhi sessant’anni fa in una famiglia poverissima nel centro della Sardegna. In quel luogo non c’era la televisione, le due strade che arrivavano in paese non erano asfaltate, la plastica era sconosciuta e la maggior parte degli scambi commerciali avvenivano con il baratto. Noi bambini vivevamo liberi a contatto con una natura incontaminata, la parola inquinamento era lungi dal venir pronunciata. Potevamo bere l’acqua in qualsiasi sorgente o torrente che non ci veniva nessun mal di pancia.
Era una società arcaica con pochissime esigenze per vivere e i suoi valori ben precisi difficili da sgarrare. C’era un senso di appartenenza alla comunità molto forte infatti quando ci rivolgevamo ad una persona adulta usavamo il termine Zio o Zia. La parola signore era riservata alle persone estranee che arrivavano dalla città. C’erano i vecchi “is homines” saggi a cui andare a chiedere consiglio per qualsiasi cosa e nella vita ho fatto tesoro di questo principio, quando ho bisogno di sapere chiedo ai vecchi che hanno più esperienza di me, non chiudendo per questo il dialogo con i giovani.
Quando è diventato Presidente del Consiglio, sono rimasto perplesso per l’eccessiva sicurezza con cui si è presentato al Popolo italiano e per la sua giovane età, visto che i saggi “homines” hanno sempre regolato la mia vita. Ho sempre votato a sinistra perché sono nato tra gli “ultimi” e la parola giustizia sociale ha sempre accompagnato i miei passi, anche se le ultime volte che ho votato il Suo partito mi sono turato il naso. Ma non voglio dilungarmi nel Suo operato in questo governo, per me parecchio deludente, ma nel comportamento che ha avuto in questo referendum sulle trivelle.
Non è stato molto elegante da parte Sua invitare le persone dall’astenersi dal voto. Per me è stata cosa gravissima che una delle più alte cariche dello Stato invitasse il Suo popolo a non fare il proprio dovere di liberi cittadini “democratici”. Ha fatto leva sulla Sua posizione per dirigere il voto dove faceva comodo a Lei e a una piccolissima parte di cittadini di questo Paese.
Sappiamo tutti che interessi ci sono sulle trivelle, ma lo sappiamo in maniera superficiale. Sarebbe stato bello che ci fosse stata da parte del Suo governo un informazione più completa e chiara sul tema, e sarebbe stato molto più elegante che il Ministro dell’ambiente fosse stato zitto o si fosse speso per quel bene che è stato chiamato a difendere. Il petrolio si sa che è un bene primario per l’attuale economia, ma sappiamo anche i danni che provoca. Quello che sta succedendo in Basilicata avrebbe dovuto scuotere qualche coscienza. Ma probabilmente coscienza e coerenza sono oggi parole fuori moda.
Circa mezz’ora prima che Lei facesse il discorso sull’esito referendario, Milena Gabanelli , sul Suo “Report” ha fatto vedere un servizio su una vicenda accaduta nella mia cara Sardegna. Si raccontava di come la burocrazia di questo paese abbia fatto scappare alcuni investitori stranieri su un progetto che prevedeva la costruzione di una centrale per la produzione di energia con il solare termico. Era un progetto che in questi tempi di magra si poteva definire importante sia per l’economia di una tra le più povere regioni del paese sia come immagine pubblicitaria ma soprattutto per l’ambiente, visto che appena dopo, lo stesso servizio parlava delle centrali a carbone che si vogliono costruire sull’isola. Non sarebbe stato più necessario che il Suo ministro per l’ambiente si fosse speso in difesa di uno dei più bei mari del mondo? Ma forse il Suo ministro non è informato che il carbone che attualmente viene bruciato, e anche quello per le future centrali, proviene dalla Polonia. Faccia Lei due righe di conti su quanto possa essere ecologico un tale progetto. Il summit di Parigi sull’ambiente si è concluso da pochi mesi e le promesse che vi siete fatti non mi sembra che vadano prese alla lettera.
Vede, caro Signor Primo Ministro, quando ero giovane io, in questo paese, imperava la DC. Il suo impero era basato sul clientelismo, un posto di lavoro in un ente pubblico oppure una pensione di invalidità falsa in cambio dei voti della famiglia. Oro colato per persone che vivevano in una economia di sussistenza. A distanza di quarant’anni tocca a Lei cercare di far quadrare i conti sul disastro economico che quella politica ha causato. Mi dispiacerebbe moltissimo se fra quarant’anni toccasse ai miei figli, ma anche ai Suoi, cercare di correggere gli errori di una politica ambientale cieca come quella che sta portando avanti Lei ed il Suo governo, con una aggravante: di pianeta in cui vivere ne abbiamo solo uno, mentre di alti e bassi economici ne è piena la storia.
Per onor di cronaca a quel mondo di corrotti ho preferito la strada dell’emigrazione ed oggi guardo tutti negli occhi come mi hanno insegnato quei vecchi “homines” senza abbassare lo sguardo di fronte a nessuno perché la Coscienza me lo permette.
Dino Deiana, L’espresso