Novecento licenziamenti negli ultimi tre anni. E ora l’annuncio di altri 280 tagli, il 20% dei dipendenti. El Mundo, il secondo quotidiano spagnolo dopo El Pais (139 mila copie al giorno contro le 238 mila del primo), controllato da Rcs Mediagroup, da tempo non sta bene in salute, ma nel 2015 le sue condizioni si sono aggravate pesantemente. E non stanno bene neanche le altre testate del gruppo, il quotidiano economico Expansión e quello sportivo Marca. Da qui la decisione dell’azienda, Unidad Editorial, di procedere al quarto piano di ristrutturazione. Che si annuncia pesante già a leggere il documento presentato ai sindacati dei giornalisti e dei poligrafici e in cui compaiono termini inequivocabili, indicatori di una crisi che sembra non finire mai: cambiamenti nell’organizzazione del lavoro, aggiustamento (sic!) del numero dei dipendenti, riduzione dei costi, ridefinizione del modello produttivo. Perché, alla fine, è a rischio – lo si legge ancora nel documento – la stessa sopravvivenza del gruppo che l’anno scorso ha perso il 7,3% del fatturato (a quota 330 milioni di euro), il 12,8% delle vendite e il 3,1% della raccolta pubblicitaria, e ha accumulato perdite per 9,2 milioni di euro che si aggiungono al buco di oltre 500 milioni di euro, coperto in parte dal nuovo azionista italiano. Per garantirsi la sopravvivenza, ora, è assolutamente indispensabile recuperare almeno 15 milioni di euro con un piano da «economia di guerra» come l’hanno definito i redattori del Mundo, già provati due anni fa, nel 2014, dall’allontanamento non proprio elegante del loro direttore-fondatore Pedro J.Ramirez, in rotta di collisione con l’allora capo del governo Mariano Rajoy che ne aveva chiesto (e ottenuto) il licenziamento. Per i giornale di Unidad Editorial il quarto piano di ristrutturazione è, probabilmente, l’ultima chiamata. Anche se va detto che tutto il mercato editoriale spagnolo è in affanno. Dal 2008 ad oggi, secondo i dati dell’Associazione della stampa di Madrid, il settore ha perso più di 12mila posti di lavoro. Una corrida sempre con le stesse vittime, giornalisti e poligrafici.
Giuseppe Corsentino, ItaliaOggi