L’agenzia di rating Standard & Poor’s ha tagliato le stime di crescita dell’Eurozona. Per gli analisti, il Pil dei 19 paesi della zona euro registrerà un incremento dell’1,5% nel 2016 (in calo dal +1,8% stimato in precedenza) e dell’1,6% nel 2017. Ci sono timori per il rallentamento della crescita nei mercati emergenti, in particolare in Cina, e forse negli Stati Uniti già a partire dalla seconda metà dell’anno in corso. “Tuttavia, a partire dalla fine del mese di febbraio, il sentimento del mercato globale ha iniziato a migliorare ancora una volta, e in Europa l’insieme delle nuove misure accomodanti che la Banca centrale europea ha annunciato, è stato ben accolto”, ha detto il capo economista di Standard & Poor per l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa, Jean-Michel Six. Per quanto riguarda l’Italia, l’agenzia ha stimato un Pil in aumento dell’1,1% nel 2016 e dell’1,3% nel 2017, in calo rispetto alle precedenti stime (rispettivamente +1,3% e +1,4%). L’indice dei prezzi al consumo dovrebbe attestarsi allo 0,2% nell’anno in corso e all’1,2% nel 2017.
Nel report “Volare con un solo motore: l’economia dell’eurozona lotta per restare in quota”, S&P ha rivisto al ribasso anche le previsioni sull’inflazione: nell’anno in corso dovrebbe attestarsi allo 0,4% (in netto calo dell’1,1% stimato in precedenza), per poi salire all’1,4% l’anno prossimo (dall’1,5%). Molto distante, dunque, dall’obiettivo del 2% preventivato della Banca centrale europea. “Noi continuiamo a credere che i fondamentali siano più resistenti di quanto abbiano suggerito i mercati finanziari, ma non così forti da portare la crescita al suo percorso pre-crisi”, ha spiegato Six. Le azioni delle banche centrali stanno avendo un impatto sulla diminuzione dell’inflazione e sulle prospettive di crescita, in parte perché alcune delle battaglie che stanno cercando di combattere sono al di là della loro portata (come i prezzi bassi delle materie prime), e in parte perché non hanno un “supporto aereo” da parte dei governi, come per esempio le riforme strutturali che possano aumentare la competitività e l’efficienza dei mercati del lavoro.
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