Mancava qualcosa alla vita di Giorgio de Chirico degli anni giovanili, quelli della sua formazione personale e della faticosa ricerca di una affermazione artistica professionale ed economica. Lo troviamo soldato a Ferrara per tre anni dal 1915 al 1918 (dopo un soggiorno di quattro anni a Parigi). Ferrara è una città per lui “quanto mai metafisica” ed è così ricca di stimoli per la sua pittura, con quella atmosfera particolare da cui prenderanno forma alcuni suoi quadri più conosciuti come Le Muse inquietanti, o Il Trovatore. Ma quello che ancora non si conosceva era il suo rapporto sentimentale con Antonia Bolognesi, l primo vero innamoramento profondo serio di de Chirico, cosa che va appunto a completare la figura di uomo desideroso di amore, onesto, e pronto a tutto pur di acquisire una salda posizione economica e poter sposare la sua amata. Ed è proprio di questo che tratta il carteggio inedito “Alceste: una storia d’amore ferrarese. Giorgio de Chirico e Antonia Bolognesi” (ed. Maretti 2014), curato dal nipote della donna, Eugenio Bolognesi, che con molta sensibilità e riguardo ha ottenuto il permesso di pubblicare le lettere personali che la zia aveva raccolto mettendole così a disposizione di studiosi dell’arte. Un amore, poi purtroppo conclusosi male, una relazione che dura due anni da fine agosto/settembre del 1917 periodo del loro incontro a Ferrara (abitavano molto vicino), fino alla fine del 1919 (anno nel quale de Chirico viene trasferito a Roma). Il 1919 è proprio l’anno della “fondamentale svolta dalla pittura metafisica alla ricerca degli antichi maestri e il ritorno al mestiere” – scrive Paolo Piccozza presidente della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico – , “dalla metafisica alla ricerca classicizzante”; “uno dei passaggi più cruciali dell’arte dechirichiana, il passaggio dalla metafisica ferrarese al classicismo del ritorno all’ordine dei “Valori plastici” – scrive il critico d’arte Fabio Benzi. Ma il Maestro invia ad Antonia Bolognesi solo lettere o cartoline piene di parole d’amore, e verso la fine un po’ risentite, ma nessun bozzetto o schizzo per l’amata; la sua pittura non era condivisione intima, era più importante la realizzazione economica per un progetto di futura felicità insieme.
Importante era essere riconosciuto dalla società, era la riuscita delle sue imprese per poi riuscire a chiedere la mano dell’amata. De Chirico le scrive tutti i giorni dal 1 gennaio 1919 al 23 dicembre 1919, un centinaio di lettere: “Io ti scriverò ogni giorno, fino al momento che riprenderò il treno per quella benedetta Ferrara, che da ché ti conosco, mi pare il centro di tutto l’universo”(13 marzo 1919). In totale quelle ritrovate sono 104 lettere e cartoline inviate dal pittore ad Antonia, e 8 lettere scritte da Antonia al Maestro (più alcuni documenti di riviste e articoli usciti su di lui che inviava per darle più conferme). In esse si parla delle sue prime mostre, o anche delle sue difficoltà economiche in tempi molto duri (la guerra finita da poco), causa anche del mancato matrimonio con la donna ferrarese, la quale , poi, per diverso tempo lo cercherà, ma senza ricevere risposte, e rimarrà sola senza sposarsi. Sono segnalati i rapporti con Casella, Filippo De Pisis, Bragaglia, Papini , Soffici, Signorelli. Si scopre quanto Ferrara gli rimarrà impressa anche per questa sua relazione “Penso a te quando mi trovo fuori nelle ore pomeridiane; penso a te che passi per via Giovecca, e poi varchi il fronte del castello; ma forse ora segui un altro itinerario” (18 agosto 1919). E si scoprono cose che ancora erano in dubbio o non si capivano, come quel quadro Alceste, che finalmente si scopre essere il ritratto della sua amata Antonia, dell’estate del 1918 a Ferrara. Fino ad ora si sapeva che era stato acquistato dal professore Signorelli (il suo primo acquirente italiano), ma nelle lettere è ben indicato di chi si tratta. Il 9 marzo del 1919 il Maestro scrive: “oggi sono stato dal professore Signorelli ove ho visto il tuo ritratto molto ben esposto”; ma già prima, nel febbraio 1919, aveva scritto ad Antonia che era il quadro più guardato della mostra in Galleria Bragaglia e che presto sarebbe stato venduto. E poi: “il tuo ritratto ammiratissimo, l’ho intitolato Alceste” ( 5 febbraio 1919). “Alceste vince la morte con la fedeltà, diviene immagine della passione e della fedeltà all’ideale dell’arte. Fedeltà coniugale e moglie ideale, pronta al più grande sacrificio, il suo ideale di bontà gentilezza e bellezza”. De Chirico più volte ribadirà questo concetto di Alceste ad Antonia, e scriverà spesso, come il 9 marzo 1919, “abbi fiducia in me e vedrai che saremo felici”; “Io vedo in te, nella tua lealtà, nella tua bellezza e nella tua gentilezza, la consolazione senza rimorsi della mia vita” e poi ancora le scriverà, il 14 luglio 1919: “Nessuna donna possiede la tua grazia” .
Insomma il carteggio ancora una volta si è dimostrato fonte di sicura conoscenza di una persona e della sua vita. Nel mondo attuale è cosa ormai rara scrivere lettere a mano e tanto si perde e si è perso perché esse indicavano il pensiero di un uomo, i suoi ideali, si potevano ricostruire intere teorie politiche, si tracciavano percorsi di vita, si svelava un amore. Queste lettere saltate fuori da un cassetto, ben conservate, e per fortuna non buttate dai soliti parenti insensibili, ci hanno aiutato a comprendere meglio il mondo artistico e personale di un grande pittore italiano. E poi possono essere lette sotto varie sfaccettature.
Stefania Miccolis