La Radio Vaticana «si trova adesso in un momento di evoluzione e di cambiamento», sotto la guida di un nuovo Dicastero, per questo il compito è costruire la «comunità più ampia dei comunicatori al servizio del Vangelo e della Santa Sede». Così padre Federico Lombardi nella messa conclusiva del suo servizio di 25 anni alla Radio Vaticana, celebrata in Santa Maria in Traspontina a Roma per diverse centinaia di dipendenti ed ex dipendenti insieme con monsignor Dario Edoardo Viganò, il prefetto della Segreteria per la Comunicazione che sta assorbendo l’emittente e il Centro televisivo vaticano, nell’ambito del processo di riforma dell’intero sistema dei media della Santa sede. Non bisogna, ha consigliato Lombardi, con il quale finisce il servizio dei Gesuiti alla guida di Radio Vaticana, iniziato alla sua fondazione, nel 1931, «restare in se stessi, ma essere pronti ad allargarsi, avere la gioia e la curiosità, di articolarsi al suo interno».
La Radio Vaticana, ha detto l’arcivescovo Giovanni Angelo Becciu, sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, «non è una radio grande e potente, secondo i criteri del mondo, ma è importante agli occhi di Dio e di tanti fedeli», perché «guarda le cose» secondo l’ottica del Papa. «Per la Radio Vaticana», ha aggiunto Becciu, «si prospettano nuove speranze e nuovi compiti; il fine specifico resterà però lo stesso: l’evangelizzazione, attraverso la diffusione radiofonica del messaggio cristiano».
Al termine del rito ha preso la parola anche Alberto Gasbarri, direttore amministrativo che lascia anche lui Radio Vaticana, dopo 47 anni di lavoro. «Nella Santa Sede la comunicazione è centrale, perché questa non fa altro che divulgare un messaggio. Quindi se cade una comunicazione, cade tutto. La Santa Sede e la Chiesa diventano fabbriche di vescovi e di preti che non fanno nulla se non comunicano. Quindi, quella che una volta si chiamava predicazione oggi si chiama comunicazione. L’invito e l’augurio che io faccio a don Dario Viganò è che lui riesca dove noi abbiamo fallito. Dico “fallito” perché fino a oggi questa sensazione non c’è, quindi di far capire che la comunicazione è una centralità della Santa Sede».
Italia Oggi