La sentenza, discount su un caso di droga, è di segno opposto rispetto a quella che aveva ordinato alla società di Cupertino di consentire l’accesso al telefono di uno degli attentatori di San Bernardino. Il magistrato ha sollecitato un intervento legislativo
Prima vittoria giudiziaria per Apple nel braccio di ferro con l’amministrazione Obama sulla privacy digitale: affrontando un caso di droga, un giudice federale di New York ha stabilito che il dipartimento di Giustizia non può obbligare la società di Cupertino a sbloccare un iPhone. La sentenza è opposta a quella pronunciata da un giudice californiano, che ha ordinato alla Apple di creare un software ad hoc per accedere all’iPhone di uno dei responsabili della strage di San Bernardino, scatenando un dibattito internazionale: da un lato la Apple e la Silicon valley, decise a difendere, insieme al proprio brand, la riservatezza dei dati dei clienti, dall’altro la Casa Bianca, che chiede un’eccezione per crimini gravi come il massacro avvenuto in dicembre in un centro per i servizi sociali californiano, secondo gli inquirenti ispirato dallo Stato islamico. Per il legale di Apple, Ted Boutrous, “non è corretto da parte dell’Fbi parlare di un singolo caso”, come del resto hanno rilevato anche i media americani, elencando almeno una dozzina di episodi analoghi. Una situazione, sostiene Boutros, che potrebbe far finire la vicenda davanti alla Corte Suprema, al momento paralizzata da un perfetto equilibrio tra giudici repubblicani e democratici dopo la morte di Antonin Scalia. Nel frattempo, però, il legislatore dovrebbe intervenire, come ha auspicato il giudice di New York nella sua sentenza, passando la palla al Congresso. “Come bilanciare al meglio questi interessi è una questione di importanza cruciale per la nostra società e la necessità di una risposta diventa ogni giorno più urgente, perché i progressi tecnologici oltrepassano i confini di ciò che sembrava possibile anche alcuni decenni fa”, ha scritto il giudice James Orenstein. “Ma il dibattito deve aver luogo oggi, e deve avvenire tra i legislatori che sono attrezzati a considerare le realtà tecnologiche e culturali di un mondo che i loro predecessori non potevano neppure iniziare a concepire”, ha aggiunto. Ma alla fine la questione a cui rispondere “non è se il governo dovrebbe essere in grado di costringere la Apple a sbloccare uno specifico apparecchio ma se la legge ‘All Writs act’ (che risale a 227 anni fa e che regola i decreti che una corte può emettere, ndr) risolva questo problema e molti altri analoghi in futuro”. Per Orenstein non lo risolve, e quindi la Apple non è obbligata ad aiutare l’Fbi contro la sua volontà.
La Repubblica