Dall’Italia 10 dirigenti verso l’internazionale. A Bologna lo stabilimento che occuperà 600 dipendenti. Paolucci è capo risorse umane del corporate affairs globale
«Sì, salve l’Italia è una serra di talenti per tutto il gruppo. Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo esportato dieci manager italiani a livello internazionale in Philip Morris. Il talento italiano, healing nel nostro gruppo, treat viene riconosciuto, coltivato, cercato». Ne parla con orgoglio Guido Paolucci, direttore delle risorse umane di Philip Morris Italia, che tra un paio di settimane si trasferirà nel quartier generale di Losanna, promosso in un ruolo di prestigio e responsabilità: coordinare a livello globale i colleghi impegnati nell’attività di corporate affairs, 700 speti di oltre 100 paesi del mondo che discutono, tra l’altro, con le autorità locali, attività cruciale per la più grande multinazionale del mondo nel settore del tabacco. «Ma voglio dire di più», prosegue Paolucci, «per me lavorare in quest’azienda è un onore, perché sa valorizzare al meglio le persone in tutte le proprie articolazioni.
E per noi italiani riuscire in questo contesto a formare top manager per tutto il gruppo è davvero una grandissima soddisfazione».
Sarà anche per questo che l’affiliata italiana della Philip Morris International è stata appena certificata come azienda «Top Employer» per il settimo anno consecutivo, cioè ha ottenuto, rientrando tra le prime 10 aziende qualificate, il bollino di qualità che in tutto il mondo riconosce le eccellenze nelle condizioni di lavoro offerte ai dipendenti e nelle politiche di formazione e sviluppo diffuse a tutti i livelli aziendali. «Top employer significa tante cose. Per esempio adottare i flexible benefit, un mio punto d’orgoglio», precisa Paolucci. «Abbiamo creato un paniere di benefit aziendali che viene assegnato ai dipendenti sotto forma di un budget di punti, spendibile su un portale intranet. Ogni dipendente può spendere il suo budget come meglio crede, scegliendo tra molte opportunità diverse. È chiaro che un giovane di 27 anni, scapolo, avrà esigenze diverse di un padre di famiglia di 45 anni. E sul portale potranno spendere entrambi i loro punti-benefit scegliendo i servizi più utili, dai generi di necessità per la famiglia ai servizi voluttuari. Del resto è chiaro: i benefit sono un investimento, dal punto di vista aziendale, e possono rendere soltanto se generano soddisfazione nei destinatari. Se solo il 30% dei colleghi fosse soddisfatto dei suoi benefit, l’azienda avrebbe sbagliato investimento! Questa nuova formula funziona da un anno e mezzo, e funziona bene».
Molta attenzione Philip Morris la dedica anche alla flessibilità e allo smart-working. «Non si rimane al vertice per sette anni senza rivisitare con frequenza organizzazione e politiche di compensation», osserva Paolucci. «Bisogna cavalcare il cambiamento e fare in modo che le idee di tutti siano sempre ascoltate e, nei limiti del possibile, accolte. Chi meglio del singolo dipendente può dire alla direzione aziendale quali suoi interessi può meglio mettere a disposizione dell’azienda?».
Tutto questo laboratorio gestionale ha avuto un ruolo importante nel far assegnare proprio all’Italia lo stabilimento-pilota in fase di costruzione in provincia di Bologna, che a regime occuperà 600 dipendenti, dove si produce per tutti i mercati interessati gli stick di tabacco compatibili con iQOS, prodotto del tabacco a potenziale rischio ridotto, un prototipo su cui il gruppo punta molto a livello mondiale. Infine, molta attenzione e investimenti sono dedicati alla formazione della futura classe dirigente del gruppo, con il programma Yes Program, dedicato a neolaureati, che prevede sei mesi di stage e sei mesi di progetti operativi, calato al 100% nella realtà aziendale. E anche alla formazione dei laureandi, con il nuovo progetto di internship Inkompass, attualmente in fase di selezione, che offrirà alle migliori risorse un’esperienza coinvolgente nel gruppo e un’opportunità di confronto con colleghi internazionali e progetti cross-functional.
Italia Oggi