Dall’ammutinamento dei vigili urbani (era San Silvestro 2015) al blocco del traffico di questi giorni: 12 mesi di caos
La lista dei responsabili della situazione assurda e inaccettabile nella quale versa la Capitale d’Italia è lunga e si estende assai indietro nel tempo. Se però una cosa è certa, rx prescription in cima non c’è l’ex sindaco Ignazio Marino. Al quale si possono imputare mancanza di autorevolezza, titubanze decisionali, intemperanze caratteriali e qualche scivolone di troppo: aspetti che rendono chiunque inadatto a fare il sindaco di una città qualsiasi, figuriamoci della metropoli più problematica del mondo occidentale. Ma che pure per questo Marino abbia pagato un conto non suo è fuor di dubbio.
L’ammutinamento dei vigili e Mafia Capitale La sequenza degli eventi è stata impressionante. L’annus horribilis comincia la notte di San Silvestro 2014 con l’ammutinamento dei vigili urbani. Marino ruggisce: «Ci saranno sanzioni esemplari». Si sa già, però, che la cosa è destinata a finire in una bolla di sapone. Il segnale è inquietante. Perché gli apparati che governano Roma, physician anziché fare quadrato in un momento di estrema difficoltà, concentrano tutte le proprie forze in una guerra fratricida scatenata contro il sindaco che ha osato mettere in discussione il cosiddetto salario accessorio: una integrazione dello stipendio distribuita a pioggia a tutti i dipendenti comunali, indipendentemente da qualsiasi prestazione «accessoria», e quindi giudicata illegale dal ministero dell’Economia. La città è ferita a morte. Un mese prima l’inchiesta di Mafia Capitale si è abbattuta sulla capitale svelando l’intreccio fra politica, affari e criminalità. Il premier e segretario del Pd Matteo Renzi ha commissariato il partito romano. La bufera è violentissima, e investe anche il resto d’Italia. Tre giorni più tardi l’agenzia di rating Standard & Poor’s declassa il nostro debito pubblico a BBB-: una iniziativa a cui lo scandalo della corruzione che investe la capitale d’Italia non sembra del tutto estranea. Ma nessuno ancora immagina che la bufera si trasformerà nella tempesta perfetta.
Il Giubileo straordinario Non passano nemmeno tre mesi e il 13 marzo papa Francesco sorprende tutti con l’annuncio clamoroso: l’8 dicembre 2015 si aprirà il Giubileo straordinario destinato alla misericordia. Gli albergatori esultano. Mentre il sindaco proclama: «Roma è da subito pronta». Dichiarazione improvvida. Non soltanto Roma non è pronta «da subito», sickness ma non lo sarà nemmeno l’8 dicembre. È chiaro fin dall’inizio di questa vicenda che il governo centrale non ha alcuna intenzione di aiutare la città, sommersa di sporcizia e con i trasporti letteralmente allo sbando, ad affrontare l’evento. Non ci sono soldi, e anche se ci fossero Renzi non li darebbe a Roma. L’ex sindaco di Firenze e il sindaco di Roma sono ai ferri corti.
Il Pd si spacca e Marino trema Ancora poco più di due mesi e arriva la seconda ondata di arresti per Mafia Capitale. Le fibrillazioni nella maggioranza che sostiene Marino crescono in modo inarrestabile. E lo stesso sindaco fatica a tenere le redini della giunta. Il 24 luglio l’assessore alla mobilità Guido Improta, ex sottosegretario nel governo di Mario Monti che già aveva fatto trapelare il proposito di gettare la spugna, viene sfiduciato da Marino in modo clamoroso durante una conferenza stampa. Intanto anche Silvia Scozzese decide di lasciare, considerando la situazione ingestibile. Ed è il secondo assessore al bilancio che si dimette nel giro di un anno. La giunta è decapitata. Le conseguenze politiche non tardano a manifestarsi. I sondaggi dicono che il Movimento 5 stelle è ormai il primo partito mentre il Pd è ai minimi storici: secondo alcune proiezioni, nel caso di elezioni comunali anticipate il suo candidato non arriverebbe neppure al ballottaggio. In una tale situazione staccare la spina a Marino potrebbe rivelarsi addirittura controproducente. Meglio puntellarlo, sperando di riguadagnare consensi: in fondo al 2018, scadenza naturale del suo mandato, mancano ancora tre anni. Ma la condizione è che il partito scenda in campo con qualche pezzo da novanta. Ecco allora il rientro del deputato democratico Marco Causi con l’incarico di assessore al bilancio e vicesindaco. C’è chi subito ironizza tirando in ballo la storia dell’assassino che torna sul luogo del delitto: Causi aveva già in mano il bilancio con la giunta di Walter Veltroni, che secondo il centrodestra avrebbe prodotto nei conti cittadini un buco mostruoso, tanto da richiedere l’intervento di un commissario ad hoc. Ed ecco anche Stefano Esposito, senatore del Pd, torinese, ai Trasporti.
Il caso «Casamonica» Entrambi non hanno neppure il tempo di ambientarsi. Il 20 agosto la musica del Padrino e un elicottero che getta petali rosa sulla piazza accompagnano il funerale del boss Vittorio Casamonica. Il corteo aperto dal carro funebre trainato da cavalli e seguito da nove furgoni con i fiori e 250 auto paralizza parte della città, e le polemiche sono inevitabili. Marino è in vacanza e in rete si scatena il tiro al piccione. Lui replica: «Ho ricevuto diverse minacce di morte negli ultimi tempi e per questo sono stato costretto a rinunciare a girare in bicicletta e a vivere sotto scorta. Così ho deciso di prendere 14 giorni di vacanza. Non c’era nessuna emergenza per cui rientrare». Senza pensare che forse quell’episodio è l’inizio della fine
Il trasporto pubblico allo stremo L’8 dicembre si avvicina a grandi passi e il Comune è nel marasma. Il governo ha promesso un decreto per il Giubileo, che arriva soltanto il 26 agosto: chiaramente fuori tempo massimo per appaltare i lavori senza creare troppi disagi alla città. Il manto stradale è una groviera, il Comune spende 20 milioni l’anno per risarcire i danni arrecati dalle buche ai veicoli privati. Il trasporto pubblico è allo stremo: su 2.500 mezzi ne sono disponibili poco più della metà. Seicento sono stati cannibalizzati per i pezzi di ricambio che l’Atac, in condizioni finanziarie drammatiche, non riesce più ad acquistare. L’età media degli autobus è di circa dieci anni. La flotta dei piccoli Gulliver elettrici per il centro storico che un tempo era il vanto della città, è accatastata in un piazzale: di 60 che erano, ce ne sono in circolazione otto. Gli altri sono senza batterie o hanno le carrozzerie sfasciate. Il tutto in una metropoli che ha il più alto numero di veicoli a combustione interna del pianeta, in relazione agli abitanti. Qui ci sono 70 auto per ogni 100 residenti, più 700 mila mezzi fra moto, motorini e scooter. Oltre il 20 per cento della superficie urbana è coperta da veicoli fermi o in movimento. Per non parlare della metropolitana. Da più di dieci anni non si fa una manutenzione serie, e gli incidenti sono all’ordine del giorno. Un miracolo, sussurra chi conosce lo stato degli impianti, che non ci sia ancora scappato il morto. E poi il personale. L’Atac ha 12 mila dipendenti, con una produttività certo non adeguata alle necessità di una città che ha tre milioni di abitanti e 40 milioni di turisti l’anno. Gli autisti dei mezzi su rotaia guidano mediamente per 700 ore l’anno contro le 1.200 dei loro colleghi milanesi.
E quell’invito a Filadelfia smentito dal Papa In queste condizioni, senza soldi e con un’amministrazione che Esposito un giorno ha definito «compromessa», affrontare il Giubileo è un azzardo. Non bastasse, un bel giorno di fine settembre la situazione precipita. Il papa sta tornando da un viaggio pastorale a Filadelfia, negli Stati Uniti, e secondo consuetudine risponde alle domande dei giornalisti durante il viaggio aereo. Qualcuno gli chiede se Marino, che si trovava anch’egli a Filadelfia, fosse stato invitato dalla Santa sede. La risposta è raggelante: «Io non ho invitato il sindaco Marino, chiaro? E neppure gli organizzatori, ai quali l’ho chiesto, lo hanno invitato. Si professa cattolico, è venuto spontaneamente». Mancano due mesi al Giubileo e la frase è letale. Anche perché scoppia la polemica sui costi della trasferta americana del sindaco e i grillini hanno chiesto l’elenco dettagliato delle spese di rappresentanza. Che finisce sul sito web del Comune e viene fuori che certi giustificativi non corrispondono alla realtà dei fatti. La comunità di Sant’Egidio smentisce che i suoi rappresentanti abbiano partecipato a una cena pagata dal sindaco, e lo stesso fa l’ambasciatore del Vietnam.
La sfiducia al sindaco Ignazio Marino Marino spiega che gli equivoci nascono da errori (?) compiuti dagli uffici. Ma la tempesta perfetta è iniziata e non si può più fermare. Il partito gli chiede di lasciare e il 12 ottobre il sindaco si dimette con un messaggio video ai cittadini, nel quale lascia aperta la porta a un ripensamento. E il ripensamento arriva, dietro la spinta di manifestazioni di solidarietà. La resa dei conti è violenta e dolorosa. La conclusione, inevitabile. Il consiglio comunale sfiducia Marino e il primo novembre arriva il commissario, in un caos totale. Basta dire che il primo appalto per i lavori del Giubileo è stato bloccato dall’autorità anticorruzione di Raffaele Cantone: la gara è truccata. Il commissario si chiama Francesco Paolo Tronca ed è il prefetto di Milano. Dicono che l’abbia spinto il ministro dell’Interno Angelino Alfano, il quale si sarebbe opposto all’incoronazione dell’ex assessore alla legalità Alfonso Sabella. Di sicuro punta alla carica di capo della polizia e il passaggio romano può risultare un attimo viatico. Peccato soltanto che su quel posto sono indirizzate anche le ambizioni dell’ex capo della Protezione civile Franco Gabrielli, che il governo Renzi ha già nominato commissario per la sicurezza del Giubileo. Il che prefigura un singolare confronto su uno scenario che di tutto avrebbe bisogno, fuorché di simili confronti.
La città «ingovernabile» E le critiche riservate a Marino non risparmiano neppure Tronca, considerato un pesce fuor d’acqua. Lo infilzano già al debutto, quando con la fascia tricolore incontra in papa e lo saluta genuflettendosi. Poi ironizzano sulla sua prima iniziativa, in una città con le strade traboccanti di spazzatura i trasporti nel delirio e un traffico infernale, dove non si vede un vigile: vietare la presenza di falsi centurioni e risciò nelle vicinanze dei monumenti. La verità è che la città, con o senza sindaco, appare ingovernabile: al di là di alcune scelte francamente discutibili come quella di chiudere la metropolitana il giorno di Natale lasciando i turisti a piedi. La prova è nelle giornate a targhe alterne, con i divieti di circolazione non rispettati da gran parte degli automobilisti, e senza che nessuno li faccia rispettare. Questa è Roma, anno domini 2016.
di Sergio Rizzo dal “Corriere della Sera”