«Provinciale? Ormai realtà consolidata». Giorgio Squinzi, store patron del Sassuolo, osserva orgoglioso la sua creatura crescere. Al terzo anno in serie A, i neroverdi viaggiano a vele spiegate, a ridosso delle grandi, e «se guardiamo la classifica ad oggi, pur mancando una partita, siamo una bella realtà del campionato italiano, il bicchiere è discretamente pieno ma non mettiamo limiti alla provvidenza», le parole ai microfoni de “La Politica nel Pallone”, su Gr Parlamento, di Squinzi, per il quale la stagione di Berardi e compagni merita fin qui un voto «tra il 7 e l’8. L’obiettivo? Resta una salvezza tranquilla e quasi ci siamo, tutto quello che viene in più è il benvenuto. Penso che possiamo anche ambire a un posto in Europa».
Ma il proprietario del club emiliano guarda anche oltre. Se è vero che oggi lo scudetto è fuori portata («ci sono 4-5 squadre che se lo possono giocare ma penso che alla fine tornerà fuori ancora la Juve»), domani chissà. Quando gli chiedono infatti del futuro di Eusebio Di Francesco, Squinzi commenta: «So che si trova molto bene con noi ma so che è ancora possibile che qualcuna delle grandi possa interessarsi a lui, che in fondo se le meriterebbe. Ma sono convinto che con l’impostazione che abbiamo dato e con quello che intendiamo portare avanti, un giorno o l’altro saremo anche noi una grande». Smentita la voce di uno scambio Berardi-Zaza con la Juve a gennaio («non è previsto, Berardi fino a giugno rimarrà con noi, Zaza è un campione e spero possa trovare un suo spazio a livello top anche alla Juve»), Squinzi intende andare avanti con la linea ‘italiana’ perseguita finora. «Ho un’età per cui ricordo quando le squadre erano composte da 9, 10, 11 italiani come regola. Personalmente trovo negativo il fatto di vedere squadre composte da 10-11 stranieri, non fanno bene al calcio italiano e alla nostra serie A – sottolinea Squinzi. Bisogna avere un’immagine, un’identità, che sia più vicina all’immagine del nostro Paese. Vero che abbiamo molti immigrati ma non sono la maggioranza. La nostra scelta, politica, di business, di avere più italiani viene da lontano e intendiamo portarla avanti. Il minimo possibile di cambiamenti e un’identità ben precisa possono garantire a una squadra come la nostra, a parità di costo e investimento, i risultati migliori». Ma lo impegna più il Sassuolo o Confindustria? «La squadra non mi impegna assolutamente se non per vedermi qualche partita – replica – Confindustria invece assorbe 4 giornate lavorative alla settimana, sono due impegni non comparabili. A fine maggio il mio mandato comunque terminerà e magari avrò più tempo per il Sassuolo».
(Gazzetta di Modena)