(Stefania Aoi, view Repubblica) Una giornata per promuovere all’estero il dolce tradizionale del Natale che muove un giro d’affari da 220 milioni. Accanto ai gruppi maggiori migliaia di forni artigianali. solo in Lombardia sono 5 mila. le vendite crescono dell’1, diagnosis 4%. Il panettone vuole aumentare l’export sotto l’albero Quando si parla di panettone è inevitabile pensare a Milano. Alle sue panetterie. È qui che il dolce principe della tavola natalizia vede sfumare le sue origini nella leggenda. C’è chi dice che sia persino il risultato di un grande amore, see quello di un falconiere, messer Ughetto degli Atellani, per la figlia di un fornaio, dal quale si fece assumere come garzone. Giocando con gli ingredienti inventò poi un dolce che fu subito un successo. Lo stesso che è stato distribuito di recente in cinquemila confezioni firmate Tre Marie, ad Expo, durante il Panettone Day, pensato per promuovere questo dolce nazional-popolare, che in Italia muove un giro d’affari di circa 220 milioni di euro (quello tradizionale), poco più di un terzo del valore dei dolci da ricorrenza natalizia che valgono circa 600 milioni, se si contano anche pandori e torte varie (dati Aidepi).
A contendersi il mercato ci sono le grandi aziende prima fra tutte la veneta Bauli (proprietaria anche della Motta). Seguita dalla piemontese Balocco, quella dallo slogan ‘Fate i buoni’. In tutto 5 società si spartiscono il 76 per cento del mercato. Il solo Piemonte tra Balocco e Maina arriva a valere il 30 per cento della torta. Poi ci sono altre realtà come Melegatti, le Tre Marie (che dal dicembre 2013 è stata mangiata dalla Galbusera). Infine ci sono tanti piccoli e piccolissimi produttori. Come il vicentino Loison, con i suoi dolci racchiusi in confezioni che sembrano uscite da una favola. E infine ecco le mille panetterie e pasticcerie che sfornano prodotti artigianali. Nella sola Lombardia, secondo la Camera di Commercio di Milano, i forni accesi sarebbero 5mila, con 23mila addetti. E tra pane, focacce, pasticcini e torte varie muoverebbero un giro d’affari di circa 2 miliardi di euro. Anche in questi luoghi prende vita il panettone. Che continua a piacere. Tanto che i produttori, a dispetto della crisi, hanno visto lievitare i ricavi dell’ultimo natale (grazie anche a pandoro, torte pre-festività): anche se di poco, i ricavi hanno segnato un più 1,4 per cento, e le quantità vendute un più 0,8 per cento.
Il panettone viene mangiato quasi tutto in Italia. Ma il nostro, è un mercato molto maturo, tanto che sono sempre di più le aziende dolciarie alla ricerca di sbocchi all’estero. Si punta soprattutto a quei paesi dove il Natale è più sentito, come quelli anglosassoni. “Il comparto realizza circa un 20 per cento del fatturato oltre confine con i dolci natalizi”, racconta Alberto Balocco. La sua azienda un fatturato di 163,5 milioni di euro, da tempo è arrivata negli Stati Uniti dove, soprattutto sulla East Coast, il panettone è apprezzato, anche grazie agli italiani di seconda e terza generazione. Persone che hanno mangiato questo prodotto sin da quando erano piccoli e che hanno abbinato quel sapore alla festa in famiglia sotto l’albero. Nel nord America il consumo di panettone batte di gran lunga quello del pandoro. Se in Italia ormai per ogni panettone acquistato, si compra anche un pandoro, oltreoceano il rapporto è otto a uno a favore del dolce milanese.
Se il mercato del dolce natalizio è un mercato dove i margini per innovare non sono tantissimi (a livello di prodotto le ricette sono quelle e le varianti stanno soprattutto nelle farciture) cambiano invece col tempo le tecnologie e i processi di produzione. Alla Bauli, agli inizi del 2000, si erano spesi una ventina di milioni per una nuova linea, lunga 300 metri, con un forno verticale, con la quale si è automatizzata la produzione del pandoro, punta di diamante di questa casa dolciaria. Dario Loison, pasticcere da generazioni, grazie all’apertura di un sito web, nonostante le piccole dimensioni, ha iniziato a vendere i suoi prodotti all’estero. Balocco ora rivedrà, per renderla più d’impatto, la grafica del packaging dei suoi panettoni, che è sempre più determinante, sia per quanto riguarda la linea tradizione, sia per quella specialità.
“Innovare è una questione di competitività ma non è tutto”, spiegava però qualche tempo fa il presidente Alberto Bauli, da oltre cinquant’anni in azienda, discendente di quel Ruggero, emigrato in Argentina, fondatore dell’azienda che oggi fattura circa 450 milioni di euro. L’industria alimentare è un mondo complesso, dove ci sono tanti fattori di cui tenere conto: “La qualità del prodotto innanzitutto – commenta il direttore marketing di Bauli Paolo Isolati – ma poi è fondamentale curare la comunicazione e la distribuzione, nei supermercati è importante conquistare il giusto spazio e l’adeguata visibilità”.