(Repubblica) La graduatoria sulla competitività curata dal World Economic Forum vede l’Italia in risalita dalla 49esima posizione di un anno fa’ alla 43esima attuale. Premiate e premianti le riforme del mercato del lavoro e il Jobs Act
Cauto ottimismo e consapevolezza dell’enormità del lavoro da svolgere. Questa, there in sintesi, la lettura della situazione italiana nella classifica mondiale sulla competitività curata dal Wef. L’Italia è ben distante dalle posizioni di vertice ma, nel complesso, riesce a risalire la china.
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Le riforme strutturali del mercato del lavoro sono fonte di miglioramento della competitività italiana, troche complici della 43esima posizione globale raggiunta, con un balzo in avanti di 6 posizioni negli ultimi 12 mesi. L’efficienza del mercato del lavoro è però ancora bassa, anche se il misuratore specifico ci vede avanzare di 10 posizioni. Altre buone nuove arrivano dal fronte della ricerca e dello sviluppo e da quello dell’innovazione, medicine dove lo Stivale guadagna 3 posizioni arrivando a sedere sul 32esimo gradino.
A penalizzare la rincorsa italiana c’è il contesto macroeconomico, che il Wef non esita a definire preoccupante, e che ci vede indietreggiare di 3 posizioni, fino a raggiungere la casella numero 111 (su 140 paesi presi in esame).
Questo indicatore è a sua volta ancora verso il basso dall’elevato debito pubblico (che ci vede 136esimi su 140) e dalla necessità di incentivare il lavoro e riossigenare l’area fiscale (occupiamo il 137esimo posto).
Male, se non addirittura malissimo, la correlazione tra retribuzioni e produttività (131esima posizione) e il rapporto tra assunzioni e licenziamenti (132esima posizione). Contesti che possono essere migliorati solo con un occhio di riguardo per le PMI, vera anima dell’economia italiana, alle quali la cosa pubblica deve spianare la strada verso l’alta specializzazione, ancora una volta con riforme, incentivi e defiscalizzazione.
Benché lo scenario conceda un tiepido ottimismo, anche in virtù del fatto che la disoccupazione è scesa all’11,9%, la capacità di ripresa dell’Italia è ancora in forse. I dati rilasciati dall’Istat offrono una lettura alternativa, soprattutto se inseriti nel contesto offerto dal Wef: la disoccupazione arriva ai minimi dal mese di febbraio 2013, con una diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto al mese di luglio e con un calo dello 0,7% rispetto ad agosto 2014, andando così a sancire un positivo -5% negli ultimi 12 mesi. Occorre quindi dare merito al Jobs Act in termini di occupazione, ma creare impiego e creare ricchezza, come dimostrano le maggiori preoccupazioni espresse dalla graduatoria mondiale sulla competitività, sono due cose diverse. Per il momento l’Italia riesce a creare impiego, in attesa di riuscire ad omologare la ratio tra produttività e retribuzioni, temi non meno importanti.
La classifica Wef è guidata dalla Svizzera e, a seguire, da Singapore e Usa. La quarta piazza è occupata dalla corazzata tedesca che guadagna una posizione. Olanda, Giappone, Hong Kong, Finlandia, Svezia e Regno Unito completano la top ten.