(di GIULIANO BALESTRERI, medicine Repubblica) Colloquio con il professore Usa, che Foreign Policy inserisce tra i 100 pensatori più influenti. “Gli italiani vivono troppo bene per rendersi conto e preoccuparsi della situazione economica”. Sul Vecchio continente: “La moneta unica è una zavorra per l’Italia. La Grexit è scontata”. “Siamo nel mezzo del guado: ci aspettano decenni in cui la disoccupazione potrà ancora salire. Poi il nuovo boom”. MILANO – La Grande Bellezza non salverà l’Italia come auspica il premier Matteo Renzi, peggio, sarà “un freno alla crescita. Il vostro stile di vita è fantastico. E’ addirittura troppo bello perché ci si renda conto dell’emergenza che attraversa il Paese”. Tyler Cowen, professore della George Mason University autore di La media non conta più. Ipermeritocrazia e futuro del lavoro (Università Bocconi Editore) inserito dalla rivista Foreign Policy tra i Top 100 Global Thinkers, è un fiume in piena: “I prossimi 60 anni saranno duri, ma il futuro sarà brillante. Stiamo vivendo una nuova rivoluzione industriale, come nel 19esimo secolo”. Visto dagli Stati Uniti, poi, l’euro è stato un fallimento, ma non la causa della crisi: “La moneta unica è stata un fallimento, ma non è questa la causa della crisi. Piuttosto ha acuito i problemi generati da fenomeni ineludibili, come la globalizzazione e la crescita dei computer, delle macchine intelligenti”.
D’altra parte l’incipit del libro di Cowen lascia poco spazio alle interpretazioni: “Nel nostro futuro ci saranno più ricchi di quanti ce ne siano mai stati e più poveri e non sapremo come a tutto questo si possa porre fine”. Quindi, che fare? “Seguire – suggerisce l’economista – la cosiddetta opzione Donner, campione di scacchi cui fu chiesto quale strategia seguire in una partita contro un computer, che rispose: porterei un martello”. Una provocazione certo, ma l’analisi è lucida: “Sono sempre meno i lavoratori con la formazione necessaria a stare al passo con i tempi. Capaci di fronteggiare l’evoluzione tecnologica e la spinta competitiva in arrivo da Est, probabilmente si tratta solo del 50% della forza lavoro, ma è un dato che varia a seconda dei paesi e delle regioni”.
Una visione che non lascia molte speranze ai giovani in cerca di lavoro.
La situazione non è semplice, ma sarà molto stimolante. Per essere competitivi serviranno eccellenze fuori dal comune. Capacità che molti oggi non hanno. Anche per questo la riforma più urgente da portare avanti è quella dei sistemi educativi. I ragazzi oggi vanno a scuola e imparano cose che importano sempre meno nel mondo del lavoro. Per aver un futuro bisogna fare qualcosa che le macchine non siano in grado di fare. Purtroppo questo non è possibile ovunque.
L’Italia come si posiziona?
E’ un paese molto diverso, ma non vedo grandi condizioni di crescita. E senza una forte accelerazione, con l’enorme debito pubblico, l’Italia è condannata alla bancarotta. E’ un grande paese per pensionati e per turisti, ma come fa a crescere? Servono più riforme strutturali, quelle fatte negli ultimi anni non bastano. Quanta gente lavora ancora nella pubblica amministrazione senza essere davvero produttiva? Mi rendo conto che spesso si tratta di dipendenti che faticherebbero a trovare un altro impiego, ma è una situazione che zavorra la ripresa.
Le eccellenze del Paese, però, sono molte.
Probabilmente sono anche il limite alla crescita. Il vostro stile di vita è incredibile, ma tutta questa bellezza in qualche modo allontana le preoccupazioni e il senso dell’emergenza. Se l’Italia fosse un sobborgo americano sarebbe tutto diverso. E’ come se mancassero quella fame e quella follia necessaria per cambiare passo. Penso anche a quelle piccole e medie imprese fiore all’occhiello del made in Italy: le adoriamo tutti, ma quante sono sono davvero in grado di aumentare di 10 volte le loro dimensioni nei prossimi anni? Forse nessuna. Se guardiamo la Cina, invece, le cose sono diverse. I grandi cambiamenti sono nel mondo e l’Italia resta in grave difficoltà.
In questo senso l’euro è un’ancora di salvataggio o un freno?
La moneta unica è un errore. La cosa migliora sarebbe tornare indietro. Il caso della Grecia è emblematico e Atene uscirà dall’Eurozona, resta solo da definire il come e il quando: nessuno però si fida più dal Paese, così come i greci non credono più all’Europa. D’altra parte restare agganciati alla moneta unica è un costo per alcuni Paesi insostenibile e gli interessi sono sempre più divergenti. Quello che potrebbe funzionare per la Spagna o l’Italia non andrebbe bene a Germania e Slovacchia e così via. Per l’Italia l’ideale sarebbe avere più inflazione, ma una ricetta genere è fumo negli occhi per i tedeschi. E comunque tra i Paesi problematici metto anche la Francia, che maschera bene, ma è più in difficoltà di come sembri.
Una battuta d’arresto dell’Eurozona metterebbe in difficoltà anche gli Usa. Altrimenti perché il presidente Obama si sarebbe speso così per la Grecia?
La Casa Bianca voleva evitare il contagio del sistema bancario, ma gli Stati Uniti possono crescere bene anche senza l’euro. I nostri mercati di riferimento sono il Canada e l’Oriente. In Europa la preoccupazione degli americani era rivolta soprattutto all’Ucraina. I problemi fiscali dell’Eurozona interessano meno.
Insomma lo scenario che dipinge per i prossimi anni è piuttosto fosco.
Nel lungo periodo però il futuro sarà radioso. I cambiamenti saranno verso l’alto. Siamo nel mezzo del guado, dovremo superare la nuova rivoluzione industriale. L’avanzamento della tecnologia, come è successo nel 19esimo secolo, stravolgerà il mondo del lavoro, forse dovremo passare anche attraverso un periodo in cui i tassi di disoccupazione saliranno ancora. Poi arriverà il nuovo boom economico.