Nemmeno le transazioni finanziarie con i Bitcoin – che vantano di garantire anonimato in quanto criptate – sono al riparo dagli strumenti di sorveglianza online forniti da Hacking Team. Da alcune mail spuntate dall’archivio trafugato la scorsa settimana alla società milanese e messo online, ask come riportato da Ars Technica, emerge che l’azienda aveva sviluppato un’aggiunta al suo software in grado di poter tracciare monete digitali come i Bitcoin, “agganciandone” i portafogli virtuali.
Hacking Team riusciva a spiare anche le transazioni di Bitcoin e le relative informazioni, in teoria criptate e spesso criticate proprio perché possibile strumento nelle mani di criminali o di chiunque volesse far perdere tracce di spostamenti finanziari poco puliti. L’azienda milanese aveva sviluppato una aggiunta tecnologica al suo software, ‘Money Module’, che riusciva anche a tracciare monete digitali simili ai Bitcoin come i Litecoin. “Questo sistema – spiega ad Ars Technica Nicholas Weaver, ricercatore dell’International Computer Science Institute di Berkeley in California – si agganciava al portafoglio virtuale della persona monitorata e ne prendeva le informazioni, a partire dalla chiave di accesso”.
Non si conosce la lista dei Paesi che usavano questo specifico kit tecnologico, ma Ars Technica ha scovato mail in cui Egitto e Arabia Saudita contattavano Hacking Team con domande di supporto a tale servizio. In una mail il ceo di HT David Vincenzetti scriveva: “Una moneta che offre quasi anonimato totale è ovviamente una valuta scelta per riscatti di ogni tipo. Questo è solo uno dei motivi per cui Bitcoin non dovrebbe mai diventare uno standard monetario”.