Molti la usano, pochi ne parlano e nessuno l’ha vista. È la moneta virtuale, dai tecnici definita digitale, che sta destabilizzando le banche ed entrando sempre più in voga. Qualche anno fa valeva pochi dollari. Oggi ne vale molti di più. Ben accettata da Microsoft, da Dell, da Android, da iOs e da tanti altri server è tuttavia spesso utilizzata per acquistare droga, armi, carte di credito rubate e false identità a livello transnazionale. Ma vediamo di fare chiarezza.
Che cos’è la moneta virtuale?
Si tratta una peculiare moneta, gestita non da un ente centrale ma da un database ospitato da una rete di computer che tiene traccia delle transazioni crittografate e ne ammnistra gli aspetti più funzionali, come il suo valore in moneta tradizionale (con una modalità definita peer-to-peer).
Che cos’è il Bitcoin?
È solo una delle tante tipologie di moneta virtuale introdotta nel 2009 da Satoshi Nakamoto sulla cui persona vi è ancora un velo di mistero, forse uno pseudonimo, si è detto, dietro il quale si cela un gruppo di persone rimaste tutt’oggi anonime ma non è da escludere che si trattasse di una sola persona.
Che differenza c’è tra la moneta virtuale e la moneta elettronica?
Non bisogna confondere la moneta virtuale con le altre valute di corso legale – il cosiddetto fiat money – come l’elettronic money o l’e-money. La terminologia non aiuta e si fa confusione, ma la moneta elettronica, a differenza della virtuale, è pienamente inserita nel circuito legale. Si tratta cioè delle carte di credito, di debito, prepagate, conti di tipo preparato (borsellini elettronici), servizi internet o phone banking, strumenti insomma che tutti noi usiamo.
La moneta virtuale invece naviga in una zona franca dalla legge italiana.
Attualmente non è regolata e le autorità finanziarie sconsigliano l’utilizzo delle valute virtuali, in tutte le loro forme. Il pericolo maggiore è legato al fatto che le valute virtuali si scambino nel completo anonimato, senza intermediari o sistemi di supervisione, aprendo così le porte al riciclaggio di denaro sporco che viene fatto circolare senza alcun controllo.
Come dichiarato da Franco Cimatti, Presidente di Bitcoin foundation Italia:
Pur volendo ipotizzare che il Bitcoin, che è ben più ritracciabile del contante, sia realmente usato facilmente per il riciclaggio, questo non è comunque un pericolo per l’utente finale o chi riceve i bitcoin, che rimangono comunque validi. Il rischio maggiore, forse, è che essendo una tecnologia molto giovane e ancora in evoluzione, non è facilmente accessibile a tutti, e alcuni potrebbero perderci dei soldi per loro errori.
La pericolosità della moneta virtuale.
Anonimato, assenza di sistemi di controllo, impossibilità di rintracciare il trasferimento della valuta: tutti fattori da cui intuire la pericolosità della moneta virtuale per l’econonomia legale, e che al contempo la rendono attraente agli occhi dei criminali.
Anche se non vi è legata un’identità, si può parlare di pseudo-anonimato perchè una volta individuato un indirizzo di entrata o di uscita, è possibile seguire tutta la storia dei bitcoin, fin da dove sono partiti o dove sono arrivati.
Demonizzare tout court lo strumento è quindi sbagliato perché tutte le transazioni risultano comunque tracciate sul network.
Pare non essere d’accordo con Franco Cimatti, Carlotta Zenere, ricercatrice del Centro Studi Antiriciclaggio & Compliance, che spiega:
“Non essendoci meccanismi di controllo ad opera della Banca Centrale, tutte le dovute garanzie si annullano con l’evidente rischio di favorire i reati di riciclaggio e finanziamento del terrorismo. Negli Stati Uniti ci sono stati due casi particolarmente emblematici conosciuti come “Silk Road” e “Western Express International”: in entrambi è emerso l’uso di valuta virtuale per la compravendita di droga, false identità, carte di credito rubate e altri beni illeciti”.
Esiste una normativa astrattamente riferibile alla moneta virtuale?
Pur esistendo indiscutibili analogie con gli Istituti di Moneta Elettronica, regolamentati dal decreto legislativo n. 45/2012 occorre che le istituzioni indichino in modo dettagliato e preciso la regolamentazione del fenomeno di nuovo conio per evitare speculazioni o utilizzi criminosi. C’è chi vorrebbe una normativa snella, per non ostacolare l’innovazione ma al momento tutto tace e l’ultima speranza è che la regolamentazione arrivi proprio dall’Europa.
La necessità di una normativa ad hoc.
Finché non si interverrà a livello legislativo, la moneta virtuale continuerà a costituire un innegabile punto di forza per i riciclatori di denaro, un campo in cui agire indisturbati per la mancanza di leggi che regolamentino la moneta virtuale. A commentare è Andrea Medri, CEO di The Rock Trading Ltd, mercato valutario di scambio monete digitali nato nel 2007 e operante nel mondo Bitcoin da Giugno 2011, dichiarando a La Stampa che anche il mercato finanziario regolamentato ha fallito.
“Basti pensare a quello che è successo a Cipro o in Argentina. Coi Bitcoin non va fatto un copia e incolla delle normative esistenti per trasferirle su un protocollo che è assolutamente innovativo, perché altrimenti il mercato si indebolisce.”