Confindustria rivede al rialzo la stima del Pil italiano nel 2015 a +0,8% (da +0,5% stimato in dicembre) e nel 2016 a +1,4% (da +1,1% di dicembre e in linea con il Def) e nel 2016 a +1,4% (da +1,1% di dicembre e in linea con il Def). Ma le previsioni «appaiono prudenti e lasciano spazio a sorprese positive». È quanto si legge negli Scenari economici semestrali presentati dall’associazione degli industriali a Bologna e illustrati da Luca Paolazzi, direttore del Centro studi di Confindustria (Csc). Il rapporto deficit/Pil è visto al 2,7% quest’anno e al 2% l’anno prossimo (2,6% e 1,8% le previsioni del governo nel Def), il debito/Pil al 132,7% quest’anno e al 131,9% nel 2016 (132,5% e 130,9% il Def). Buone notizie anche per il tasso di disoccupazione che scende all’11,8% a fine 2016, dal picco del 13,0% toccato nel novembre 2014. Anche il dato comprensivo dei cassintegrati cala al 12,3% (12% nel 2016), dal 14,0% raggiunto nel primo trimestre 2014. Il numero di persone a cui manca, in tutto o in parte, lavoro era sceso a 8,3 milioni nel primo trimestre 2015, dagli 8,6 dell’estate scorsa.
La Grecia
Ma le previsioni non includono ipotesi sulla conclusione del negoziato tra la Grecia e i creditori internazionali. In caso di esito negativo, fa notare Confindustria, «il contagio non può certo essere escluso e farebbe deragliare l’economia dell’Euro area». Nel focus sull’Italia, il rapporto spiega che l’intensità del recupero dell’economia italiana, nonostante i segnali positivi, «rimane modesta rispetto alle opportunità fornite dal quadro esterno e alla velocità richiesta per recuperare in tempi ragionevoli il terreno perduto dal 2007. Di questo passo, infatti, l’Italia tornerà ai livelli di Pil di otto anni fa nel 2022. Una scansione temporale che sottolinea l’importanza di proseguire rapidamente lungo la strada delle riforme strutturali». I freni alla ripresa sono individuati in: estrema selettività del credito; alta disoccupazione; costruzioni deboli; redditività ai minimi; il costo di lavoro per unità di prodotto penalizzante; la capacità produttiva inutilizzata; il risparmio ridotto. «Per recuperare il terreno perso – aggiungono gli industriali – è necessario rimuovere gli ostacoli e attuare le riforme, in modo da tornare a crescere al 2,5%».
(di Redazione Economia)