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Riflessioni sulla profezia di Houellebecq
di Riccardo Ruggeri ItaliaOggi, martedì 17 marzo
Finora non mi sono mai perso un libro di Houellebecq, e bene ho fatto. Sono affascinato dalla sua fisicità, quell’orrenda bocca, quel senso di
sgradevolezza timida che emana, uomo dai pori costantemente dilatati. Houellebecq nasce ateo, si fa agnostico, quindi è attratto dalla «potenza della fede » (lui usa la locuzione «in modo comptiano»). Con gli anni cambia, ma all’implacabile degrado della sua dentatura contrappone una crescita meravigliosa della sua scrittura, uno scambio denti-arte è quanto di più positivo possa esserci per la letteratura.
Non per nulla la mia amica Marinella Doriguzzi Bozzo, la miglior penna per recensire film e libri (suo il blog “stelle perfide stelle”), la conclude
con una frase che avrei voluto scrivere io: «Sottomissione… ha anche il pregio di dimostrare come il romanzo non solo non sia morto, ma possa continuare a fungere almeno da contrappeso all’insignificanza montante di indebolite società di massa: non so se moriremo musulmani o inconvertiti, ma certamente con pochissime illusioni e con il continuo timore di innominate sofferenze». Ha assegnato a Houellebecq il massimo delle stelle, e una meravigliosa sintesi: «Autopsia di una resa».
Impeccabile. L’aspetto banale del libro è proprio la storia, l’ascesa democratica alla presidenza de la République del musulmano Mohammed Ben Abbas che, grazie al sostegno delle Sinistre e della Destra moderata (il Partito della Nazione, tanto amato dai renziani colti), nel ballottaggio batte facilmente la destra fascista di Marine Le Pen (leggi Salvini). Il giorno dopo le donne abbandonano la moda occidentale,
lasciano il lavoro, l’occupazione maschile esplode, il crimine scompare, le banlieues diventano zone residenziali, le università si islamizzano,
tutti si convertono, sottomettendosi alla sharia. Parigi torna a Luigi XIV, abbigliato da Maometto II, Califfo di Costantinopoli. Soumission, per sfortuna sua, ha incocciato Charlie Hebdo, assumendo un’involontaria dimensione politica, polarizzando il pericolo islamista dell’Occidente.
Può darsi che un giorno la minaccia venga dall’islam, per via demografica o militare o peggio culturale, però per ora, almeno per me, la vera minaccia viene da Occidente. Da anni individui della generazione dei baby boomer (1945-1964) hanno preso il potere, essendo strutturalmente inetti e bonus – dipendenti, hanno fatto, in modo dilettantesco, e ora non sanno come uscirne, alcune scelte epocali
(finanziarizzazione dell’economia, globalizzazione, Europa a 28, euro, ecc.). Nel contempo, hanno messo a punto meccanismi automatici che permettono loro di governare a distanza con «trattati, protocolli, troike». Tutti organismi non elettivi, tipo Bce-Fr- Fmi, tutti sotto l’ombrello (traforato) dell’Onu, riducendo i premier eletti dai cittadini dei diversi Paesi a semplici «addetti macchina». Una ridicola
bolla colorata nella quale siamo immersi, nostro malgrado. Per me i nemici da abbattere sono quelli al vertice di questa struttura: i supermanager delle banche d’affari, dell’industria (convenzionale o dei big data), che praticano un curioso «ceo-capitalismo»:
un solo uomo che assume in sé, non solo il ruolo esecutivo, ma pure quello il cristianesimo». Curioso, è la stessa terminologia che oggi noi usiamo nei riguardi dll’islam. Houellebecq è convinto che, in prospettiva, l’Occidente sia spacciato, che non si debba neppure perdere tempo a rimpiangere qualcosa di questa civiltà. L’ultima frase di Soumission è «Non avrei avuto niente da rimpiangere», Carrère la trova altrettanto memorabile del finale di 1984: «Amava il Grande Fratello». Carrère riflette sulla possibile sottomissione di noi occidentali, sul fatto che potrebbe esserci un capovolgimento delle prospettive, quello che in termini religiosi si chiama «conversione » e in termini storici «cambiamento di paradigma».Da ultimo, mi permetto di far entrare in scena Bergoglio. Lo dico da uomo della strada, da liberale,
da cattolico: con Wojtyla mi sentivo protetto fisicamente, aveva preso a cazzotti i gerarchi nazi-comunisti, anche con colpi sotto la cintura, fino a farli crollare. Speravo che Ratzinger facesse altrettanto col materialismo ateo dei radical chic, ma dopo il discorso di Ratisbona capii che costoro l’avrebbero abbattuto, usando i loro loschi mezzi. Bene fece a ritirarsi, il suo tratto umano aveva la dolcezza dell’intellettuale tedesco, non poteva certo competere coi volgari, impudichi supermanager dei «bonus», della coca, delle «app». Per capire un grande leader bisogna capire chi sono i suoi «nemici», la «scelta del nemico» è il momento più alto e più drammatico di ogni leadership.
Facile con Wojtyla (il comunismo), così con Ratzinger (il multiculturalismo), più difficile capire Bergoglio, uomo che viene dal Barrio de Flores. Chi è Bergoglio? Quello delle 15 «malattie curiali» utilizzate per togliere potere alla Curia? Quello che usa frequentemente il termine parresia, perfetto in termini di analisi sociologica (significa «schiettezza» ma pure sopra le «righe») ma mai quello «definitivo» di San Berardo («in capite et in corpore»)? Soprattutto quale è la sua strategia? Avrà capito che molti paesi europei sono ormai «decristianizzati»? Che dirsi cattolici oggi in Europa equivale a dirsi evasori fiscali o mafiosi? Il dibattito culturale ormai è fra il pensatore Elton John e i due filosofi dello stile D&G. Lo stesso Bergoglio è silente verso una serie di temi, un tempo «non negoziabili», perché? Avrà capito che il mix
«finanziarizzazione dell’economia», «globalizzazione », «ceo-capitalismo» porta ad aumentare il numero dei poveri in Occidente? In termini strategici, forse ha ragione lui, meglio tacere. Ragionando da manager (noi siamo quelli più culturalmente icini ai gesuiti, per questo, credo, la Loyola di Chicago mi diede una laurea in legge HC), un’idea me la sono fatta. Bergoglio ha chiaro il destino dell’Occidente (è «spacciato», dice l’avatar di Houellebecq), sa perfettamente che le élite dell’Occidente, specie quelle dell’Europa e delle zone costiere degli Stati Uniti, vivono in un altro mondo, la Chiesa le ha già perse, loro sono al di là del bene e del male, sono umanamente morte. E allora si limita a fare piccoli restyling verbali e punta tutto sui «nuovi poveri di ritorno», sfruttando anche l’incapacità della Sinistra, neppure più in grado di farsi capire da costoro. L’ho chiamata, in altro cameo, la strategia delle periferie, modo elegante per dire «marketing da discount». Essendo aggredito sia dai musulmani che dagli evangelici, questi dal Nord America stanno sciamando in tutto il Sud America (il «core» cattolico), Bergoglio non deve assolutamente farsi sottrarre altre quote di mercato. È probabile che pure lui giudichi corretta l’intuizione di Houellebecq: il XXI sarà il secolo col ritorno potente delle religioni (da ex mi dico: meglio poveri che diventare «app»), e così si attrezza. Peccato, il miele del barattolo dei Lumi mi era tanto dolce. Devo continuare a suggerire ai miei nipotini di guardare a Est, colà ci sono popoli che hanno ancora un destino, a Ovest, nelle capitali europee e sulle coste americane, ci sono solo individui eleganti e colti, con banali storie da convention.