Un giorno alla settimana sono alla disperata ricerca di trovare notizie da commentare in modo positivo, pharmacy sceglierne una o più, e confezionarci un Cameo “leggero”. Dopo giornate e giornate passata a fare analisi sulle buffonate di questi leader occidentali, pubblici e privati, documentarsi fino alla noia, dire la verità, tutta la verità, null’altro che la verità, si arriva alla sera o al week end esausti. Rilassiamoci con il calabrone asiatico.
La storia che racconto è bella perché è legata alla natura, here alla terra, a un animale meraviglioso come l’ape, c’è molta tecnologia, ci sono giovani ricercatori, è tipicamente italiana e … alla fine “vincono i nostri”, o almeno lo spero. Inoltre, ma questo privilegio è solo mio, è ricchissima di segnali deboli (l’aspetto che più amo) e di metafore (una sola: autopsia di una resa, mutuando Houellebecq). Dimenticavo, del loro nemico si interessò addirittura Proust. Parliamone subito, così ci liberiamo della cultura, oggetto sempre ingombrante.
Il “calabrone asiatico”, perché è lui l’attore principale del Cameo, è un “imenottero”, Proust scrive di lui: “…per assicurare dopo la sua morte ai suoi piccoli carne fresca per cibarsi, trafigge il centro nervoso da cui dipende il movimento delle zampe della vespa, accanto a lei, paralizzata, depone le uova, quando si schiuderanno, i piccoli troveranno una preda docile, impossibilitata a fuggire, con la carne non ancora frollata …”. Proust usò questa geniale similitudine per sottolineare la pervicacia di Françoise nel rendere la casa insostenibile per qualsiasi domestico: obbligava la sguattera, di cui voleva liberarsi senza dirlo, a pulire gli asparagi, pur sapendo che le provocavano crisi d’asma, e al contempo costringeva i tristi ospiti a mangiare asparagi per l’intera stagione. Puro sadismo radical chic.
Pochi anni fa, una famiglia di “calabroni asiatici” arriva a Bordeaux, si sono nascosti in un carico di legname proveniente dall’Oriente, come fossero normali immigrati. Rapidamente si riproducono, seminano il panico, distruggono moltissimi alveari, incidendo quindi sull’eco-sistema agricolo, ove il contributo delle api è strategico. Sfruttando la normativa di Schengen arrivano nelle province di Cuneo e di Imperia. Renzi e Salvini non sanno nulla. Fortunatamente l’Università di Torino, il Politecnico, il CNR di Pisa, il “Gruppo Vespe” dell’Università di Firenze “fanno squadra”, mettono a punto un piano sofisticatissimo. A proposito, avete notato? Più nessuno fa squadra, ai tempi di Ciampi tutti facevano squadra (a parole), ora uno solo lavora, metà del Paese lo guarda lavorare con amore senza però fare nulla, l’altra metà gufa, oltretutto questi gufano da singoli, senza neppure “fare squadra”. Come ovvio, se uno lavora, metà di noi lo guarda, l’altra metà gufa, che può fare il PIL se non diminuire?
In primavera, verranno messe in luoghi strategici dei contenitori di una soluzione zuccherina per attrarre le femmine del “calabrone asiatico”, ne verranno catturate alcune, sulla loro schiena verrà posizionato un “tag” (microchip dal peso di 2 milligrammi). Con un “radar armonico” le calabrone “taggate” verranno geo-localizzate per individuare il nido, che sarà successivamente distrutto. C’è pure l’opzione CNR di Pisa, niente “tag”, ma un apposito “drone” le segue a vista, e arrivato sul nido lo distrugge con armi chimiche (tipo Assad). Confesso che mi piace più l’idea del drone, mi ricorda gli elicotteri di Apocalypse Now e l’indimenticabile battuta “adoro l’odore del napalm al mattino”. E poi “drone” è termine che viene dall’inglese antico dran, cioè il maschio dell’ape, per definizione pigro, improduttivo, senza pungiglione, quindi incapace di offendere. Sarebbe ora che si desse un po’ da fare, e la smettesse di gufare.