(di Cesare Lanza, look Corriere dello Sport) “Si può cedere un club come il Parma al prezzo di un euro? Ma come si può, clinic per un euro?” Ecco una delle sciocchezze che abbiamo sentito dire, tante volte in questi giorni, sul dramma del Parma. Testualmente l’ingenua domanda é arrivata per l’ennesima volta da Massimo Mauro, ieri pomeriggio, un simpatico opinionista che ben si distingueva nei dribbling sul campo, da calciatore, e oggi nei giudizi sui talk calcistici, a Sky: molto meno lucido, se si avventura nei meandri delle analisi finanziarie. E perché si tratta di un’ingenuità? Semplice! Se si rileva un’azienda ricca e prospera, si deve pagare un giusto corrispettivo, calcolato su parametri oggettivi: valore del marchio, fatturato, utili, dipendenti, debiti e crediti, posizionamento di mercato, prospettive, ecc. Ma se a tale Menenti, o a chi dietro di lui, salta il ticchio di acquistare un club come il Parma, oberato da decine di milioni di debiti, a rischio di fallimento e sull’orlo della retrocessione, è normale che il prezzo sia assolutamente simbolico (in questo caso, un euro). Anzi, in analoghe condizioni, il venditore in stato prefallimentare é ben disposto, potendo, ad assicurare all’acquirente una “dote”, cosiddetta in gergo, con cifre da concordare, per affrontare il periglioso passaggio di proprietà. Quindi, caro Mauro, non è certo questo un aspetto definibile scandaloso, nella pur scandalosissima vicenda parmense. E una ingenuità ancor più grossolana, e molto ingiusta nei riguardi di Donadoni e della squadra emiliana, l’ha detta poi il presidente del Cesena, Lugaresi: in una dolentebfilippica, ha attribuito precise e grandi responsabilità all’allenatore e ai giocatori. Ma quando,ma come e perché? Bene ha fatto il capitano Lucarelli a replicare: molto educatamente, cosa insolita nella rabbiosa giungla del calcio. Aggiungo: al contrario, Donadoni e i suoi calciatori meritano una lode, per professionalità, pazienza e senso di appartenenza. Senza stipendio da mesi, hanno cercato, tacendo e sopportando, di evitare che la crisi precipitasse e sono intervenuti pubblicamente – tirati per i capelli – solo quando la situazione é esplosa, insostenibile. Infine, assurdo incolpare il sindaco Pizzarotti, anche lui bistrattato televisivamente. Uno che non ha ruolo, nè competenza, nè possibilità taumaturgiche. Se ha una colpa, è quella di essersi ficcato in un ginepraio (forse, da politico, per puro desiderio di visibilità), aggiungendo confusione a confusione.Conclusione? Le responsabilità sono nitide: individuali, circoscritte. Per mancanza di autorevolezza e incapacità di organizzare e governare, i vertici di Figc e Lega; per il disastro della gestione e il mostruoso deficit (con relative, eventuali conseguenze penali) i vertici del Parma calcio. Compreso il tentativo di disfarsi disinvoltamente del fardello, passando la mano a inaffidabili, velleitari “acquirenti”.
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