Il Ministero delle Politiche agricole convuca un tavolo operativo per tirare le somme di un anno da dimenticare, patient tra false fatturazioni e raccolti dimezzati. Carabinieri, health Gdf e tecnici in campo per difendere gli olii originali. Anche nella difesa dei prodotti genuini l’Europa è divisa tra Nord e Sud
(di PATRIZIA CAPUA, there Repubblica)
Olio d’oliva: dopo l’ annus horribilis , il governo corre ai ripari. Test del Dna contro le frodiNAPOLI – Dopo l’allarme sulla crisi dell’olio d’oliva in Italia e le denunce della Coldiretti e di alcuni importanti produttori calabresi sulle frodi con fatturazioni false, il governo Renzi corre ai ripari. Per domani, 22 gennaio, il ministero delle Politiche agricole ha convocato un tavolo operativo con i rappresentanti della filiera dell’olio e con gli assessori all’Agricoltura di tutte le regioni italiane per fare il punto sull’annata nera del 2014, definire una strategia a lungo termine contro il business dell’olio tarocco made in Italy e per rafforzare gli interventi sulla filiera olivicola, a sostegno dei produttori onesti.
I controlli anti frode e la sorveglianza sull’importazione di olio dall’estero sono partiti in tutta Italia. Ogni giorno i porti italiani vengono presidiati da squadre dell’Ispettorato per la repressione delle frodi alimentari (Icqrf), che assieme a Guardia di Finanza, Guardia costiera, Corpo forestale e Nac, Carabinieri del nucleo anticontraffazione, sono impegnate in una serie di verifiche che dagli scali marittimi seguono le tracce fino agli stabilimenti di produzione e imbottigliamento e ai punti vendita.
Il sistema di indagine del Ministero ha un punto di forza nella rete dei laboratori di analisi dell’Icqrf, altamente specializzati e abilitati, come quello di Perugia, ad eseguire gli esami organolettici sull’olio extravergine e vergine di oliva basati su panel riconosciuti a livello europeo. Per incrementare lo sforzo di contrasto alle frodi, i laboratori stanno anche mettendo a punto tecniche basate sul Dna, attraverso cui è possibile determinare le caratteristiche qualitative dell’olio extravergine e vergine d’oliva che viene sequestrato, la sua provenienza e la varietà delle olive impiegate nella produzione.
Accanto agli 007 della filiera oleicola, il dicastero guidato dal ministro Maurizio Martina mette in campo aiuti economici, destinando 70 milioni di euro all’anno nell’ambito della programmazione comunitaria, per aiuti all’olivicoltura fino al 2020 al fine di migliorarne il livello di qualità. Per far fronte ai danni del maltempo, nel mese di ottobre ha sbloccato 1,4 miliardi di euro dei fondi comunitari a beneficio di un milione di aziende del settore agricolo. Sono previsti poi altri 100 milioni in tre anni a vantaggio dell’olio italiano che saranno destinati alle organizzazioni di produttori per favorirne l’aggregazione.
Ad accertare le frodi si arriva anche grazie alla consultazione e all’incrocio di dati contenuti nel registro telematico tenuto da ciascuna impresa olivicola in ambito Sian, il Sistema informatico agricolo nazionale, uno strumento attraverso cui si possono effettuare riscontri in tempo reale e da remoto. E’ stato l’Icqrf, a fine dicembre, a smascherare e denunciare alla procura della Repubblica di Trani 11 persone responsabili in concorso tra loro, della truffa, nell’operazione chiamata “Olio di carta”.
Il sistema prevedeva il coinvolgimento di cartiere pugliesi e calabresi che emettevano falsa documentazione in grado di attribuire origine nazionale di olio extravergine di oliva a prodotti di ignota provenienza. L’olio arrivava alla fase di imbottigliamento già designato come made in Italy, pronto per il confezionamento e la distribuzione sul mercato, realizzando un business stimato intorno ai 10 milioni di euro.
Sventare un mercato fiorente che ingrassa le casse della criminalità, tuttavia, non è lavoro da poco. L’olio è fatturabile legalmente in mille modi, c’è chi ha fatto affari per miliardi di lire inventando una procedura chimica per ottenere olio spendibile sul mercato partendo da quello cattivo. L’esito delle indagini nella campagna olearia del 2014 ha fatto registrare controlli su 4114 operatori di cui 452 risultati irregolari; su 6004 prodotti, di cui 569 fuori norma; analisi su 1195 campioni, di cui 66 irregolari; sul piano operativo ci sono state 63 notizie di reato, 140 sanzioni amministrative, 122 diffide, 93 sequestri, 122 prodotti sequestrati per un valore di 9 milioni 778mila euro.
La legislazione italiana lascia ancora aperti troppi varchi all’illegalità. La legge non impone di indicare sull’etichetta la provenienza della materia prima, che sia olio greco, del nord Africa o persino argentino, così come non c’è obbligo di specificare l’anno di produzione. Le conseguenze sono nei fatti. Al centro dell’imbroglio, del tutto legale, ci sono i produttori industriali di olio extravergine italiano. A dimostrarlo sono i prezzi di vendita nei supermercati dell’extravergine “italiano” che vanno dai 2,50 euro ai 7-8 euro. “Se i produttori si facessero veramente sentire – afferma un addetto ai lavori -, e sensibilizzassero il pubblico, forse finirebbe lo scandalo dell’olio italiano, non coltivato ma solo lavorato in Italia. Il rischio altrimenti è squalificarci come accadde col vino negli anni Settanta”. Prodotti con marchio Dop e Igp, fanno capo a disciplinari ben precisi, e le frodi in questi casi sono oggetto di interventi delle procure della repubblica e anche di sanzioni amministrative.
Per mettere altri paletti alle contraffazioni, il 13 dicembre scorso è stato approvato un regolamento per cui sulle etichette è vietato scrivere genericamente “grassi e olio vegetale”, bensì occorre specificare di quale prodotto si tratta. Ha trovato anche applicazione la norma sull’antirabbocco, pensata soprattutto a favore dei consumatori nei luoghi pubblici come ristoranti, alberghi, pub, bar, per la quale, esaurita la bottiglia c’è il divieto di riempirla di nuovo. La sanzione per chi contravviene può arrivare a 8mila euro.
Il falso olio italiano in bottiglia, purtroppo, gira indisturbato per il mondo. Per contrastare gli illeciti in Europa e nei paesi Oltreoceano, la rete Opson che opera in campo internazionale per la sicurezza alimentare, in collaborazione con l’Interpol, ha 51 autorità di controllo. Ma è l’Unione europea la sede deputata per difendere le nostre denominazioni. Fonti autorevoli del ministero delle Politiche agricole italiano affermano che non è facile proteggere il prodotto.
“Per promulgare norme più restrittive per le etichette, ad esempio, che devono essere approvate da Bruxelles, ci deve essere un interesse comune sull’argomento tra i vari paesi. Ma poiché invece ci sono resistenze, l’Italia ha le mani legate. Nei paesi nordici non c’è cultura né interesse per le materie prime e le etichette. Quei paesi contrastano le nostre iniziative per un’etichetta più trasparente e spingono verso altri orientamenti. La Gran Bretagna poi – sostengono le stesse fonti – ha un atteggiamento decisamente distante da noi ed è più vicina agli Usa. Nel marzo scorso, nei magazzini Harrod’s di Londra, è stata ritirata nel giro di 24 ore una partita di falso olio toscano Igp”.